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L'Ue promuove la revisione del Pnrr italiano
Soddisfazione a Roma per il via libera di Bruxelles alla revisione tecnica del piano, frutto di una “proficua collaborazione”, sottolinea il ministro Raffaele Fitto. Quota 100 miliardi è stata superata: ne sono arrivati 102 sui 194,4 previsti, mentre si lavora all’ottenimento della quinta rata da 10,6 miliardi. Si discute anche di una maggiore flessibilità, ma Bruxelles conferma il termine inderogabile del 2026
Un sì necessario a mantenere lo slancio su progetti e riforme, nell'attesa di ricevere i fondi della quinta rata. A pochi giorni dal via libera del Senato al decreto Pnrr, il governo incassa l'approvazione dell'Europa alla revisione tecnica del piano. A conferma, nelle parole del ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto, della "costante e proficua collaborazione" sull'asse Roma-Bruxelles. E, dal canto della Commissione europea, anche del dialogo in corso con i Ventisette per concedere "maggiore flessibilità" nella messa a terra dei piani cruciali per sostenere l'economia del continente davanti alle crisi che si susseguono.
Con una nota di rendicontazione rivolta all'Italia si specifica: superata quota cento miliardi, oltre 102 quelli ricevuti finora sul totale di 194,4, il secondo tempo della partita che terminerà nel 2026 è in pieno svolgimento. E se finora possibili deroghe sono state escluse con toni categorici, il dibattito su nuovi eurobond per finanziare le sfide del futuro - difesa in testa - è destinato a tenere banco prima e dopo le elezioni europee. La rimodulazione mirata del Pnrr italiano - consegnata il 4 marzo alle squadre dei commissari responsabili Paolo Gentiloni e Valdis Dombrovskis - prevedeva correzioni tecniche per chiarire la formulazione di alcuni obiettivi chiave. E, ha spiegato Fitto, garantire così un'attuazione coerente e puntuale del maxipiano da 194,4 miliardi di euro "come modificato alla fine dello scorso anno", a seguito di un complesso negoziato per ridisegnare i 680 obiettivi e traguardi, le 66 riforme e i 150 investimenti previsti. Al via libera ora seguirà il consueto iter per giungere all'adozione finale da parte del Consiglio Ue "nelle prossime settimane".
Messa da parte la soddisfazione, il lavoro del governo con Palazzo Berlyamont dovrà avanzare anche per ottenere i 10,6 miliardi della quinta rata. La domanda, presentata lo scorso 29 dicembre, è ancora oggetto - con i suoi 52 obiettivi - di un esame rigoroso da parte dei funzionari Ue. Poi per l'Italia sarà tempo - entro giugno e dicembre - di avanzare le richieste per la sesta e settima tranche dal rispettivo valore - nei dati pubblicati dal governo - di 9,1 miliardi e 19,6 miliardi di euro. Una lunga maratona a tappe che coinvolge più in generale tutti i Ventisette. E che in più di un'occasione li ha messi a dura prova nelle loro capacità amministrative. L'impegno espresso a più riprese da Bruxelles è di affidare l'attuazione dei piani a maggiore automatismo - con flessibilità e semplificazioni - per scongiurare ritardi in vista del fine vita ultimo del Recovery che, hanno avvertito in modo univoco Gentiloni e Dombrovskis nelle scorse settimane, resta comunque il 2026. Una chiusura che ha per il momento raffreddato l'auspicio di un rinvio espresso dal ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, sul quale non tutti gli esponenti del governo sono tuttavia concordi. Oltre quella data, la riflessione sul futuro del debito comune nel continente è più che aperta. E, da Roma a Parigi, anima la campagna elettorale. Il Next Generation Eu non può, nella visione di Gentiloni, "restare una parentesi": ripeterne la "formula vincente" per le priorità comuni, ha ribadito più volte l'ex premier, "dovrebbe essere parte della soluzione". Un appello lanciato per primo già all'inizio dell'anno dal presidente francese Emmanuel Macron. Scalfire il muro dei Nordici, guidati da Berlino, dopo il voto non sarà tuttavia semplice.