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La Bce teme l'incubo-inflazione
Nonostante la guerra e i rischi estremi che crea per la ripresa mondiale, l’istituto di Francoforte mantiene dritta la barra del timone verso una riduzione degli stimoli monetari. Lo conferma il Bollettino economico che - nello scenario “base” - prevede una crescita del 3,7% nel 2022 e del 2,8% nel 2023. Nello scenario definito “grave” la crescita crollerebbe al 2,3% dal 5,4% del 2021
La guerra crea "rischi estremi" per l'economia, ma la Bce mantiene la rotta verso una politica monetaria meno espansiva di fronte al rischio di un'iper-inflazione, e preannuncia una stretta anche per gli aiuti pandemici alle banche. Anche se tutte le opzioni restano aperte: incluse misure 'ad hoc' per contenere gli spread. Per capire perché Fed e Bce paiono più attente al rischio inflazione che a quello di una recessione, bisogna andare indietro allo shock petrolifero degli anni '70. La cui eredità fu una iper-inflazione dovuta anche alla politica monetaria espansiva delle banche centrali. Di fronte allo shock energetico di adesso, Fed e Bce non vogliono fare lo stesso errore. Pur con uno scenario economico precipitato nel giro di un mese, stanno ritirando le misure d'emergenza pandemica. La Fed ha già alzato i tassi. La Bce, più cauta, per prima cosa ridurrà gradualmente gli acquisti 'nuovi' di bond, nell'ottica di azzerarli fra luglio e settembre, a patto che le prospettive d'inflazione - che paiono sempre più ancorate all'obiettivo di medio termine del 2% - non si indeboliscano. Il successivo rialzo dei tassi non sarà immediato, "ma avverrà in un momento successivo".
Il quadro che ha davanti la Bce, confermato dal Bollettino economico, è di una crescita che, nello scenario base, si ferma al 3,7% nel 2022 (4,2% era la stima pre-guerra) e al 2,8% nel 2023. Ma c'è anche uno scenario "grave" con una crescita che dal 5,4% del 2021 crolla al 2,3% quest'anno e il prossimo. S&P, che ha tolto 0,7 punti percentuali alla crescita mondiale (3,7% nel 2022) ha già tagliato al 3,2% la sua previsione per l'area euro dal 4,4% di poche settimane fa. Gli indici Pmi dell'Eurozona segnalano una tenuta (54,5 a febbraio), ma anche un forte peggioramento delle aspettative future. Tutto, infatti, rischia di peggiorare con il prolungarsi della guerra e l'escalation delle sanzioni: è la stessa Bce ad avvertire che "i rischi estremi al ribasso derivanti da un ulteriore inasprimento delle tensioni potrebbero essere significativi e compromettere la ripresa mondiale".
Il timore principale è che lasciar correre l'inflazione peggiorerebbe le prospettive economiche, proprio come accadde dopo lo shock petrolifero. Lo scenario principale della Bce stima l'inflazione al 4,1% quest'anno, quello "grave" al 7,1%. S&P scrive 5,1%. Nessuno sa esattamente come andrà a finire, ora che anche uno 'stop' all'import di gas dalla Russia è sul tavolo e che Mosca risponde chiedendo di essere pagata in rubli. Per la Bce, allo stato attuale è meglio non soffiare sul fuoco dell'inflazione continuando con acquisti netti di debito. In assenza di sorprese sempre possibili (come una recessione globale causata dalla guerra), l'orientamento è, da settembre in poi, tenere aperto solo il canale dei reinvestimenti dei bond già in pancia a Francoforte che arrivano a scadenza. Come ha sottolineato più volte il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco, non è una stretta monetaria e ci sono varie opzioni per contenere l'impatto negativo sulla crescita. La 'normalizzazione' non risparmia le banche: la Bce ritirerà gradualmente - in tre fasi fino al 2024 - le misure per sostenere il credito durante la pandemia, e già da luglio gli haircut (scarti di garanzia) sulle garanzie collaterali vedranno lo 'sconto' pandemico ridursi dal 20 al 10%.
Da una parte la Bce conta su misure di stimolo all'economia da parte dell'Ue: "le politiche di bilancio devono continuare a essere in grado di reagire rapidamente in funzione dell'evolvere della situazione". Dall'altra punta (e il dibattito è in corso) proprio sui reinvestimenti che saranno mirati verso i Paesi che dovessero vedere un rialzo eccessivo degli spread. Come l'Italia, che peraltro, nella fuga dal rischio che ha premiato i bond governativi, dal picco di oltre 170 del 23 febbraio ha visto lo spread riassestarsi in zona 150.