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EFFETTO EMBARGO
06/04/2022

L’impatto sull’Italia dello stop al gas russo

Il Def considera l’ipotesi di embargo all’import di idrocarburi da Mosca e l’impatto che questa mossa potrebbe avere su Pil e debito. Nello scenario peggiore, quello del razionamento delle scorte, la crescita del Pil reale si arresterebbe allo 0,6%, in quello migliore i prezzi di gas e petrolio comunque lieviterebbero e il Pil calerebbe di 0,8 punti quest’anno e di 1,1 punti nel 2023

La guerra in Ucraina apre nuovi scenari di rischio per l'Europa, tanto che il governo prende in considerazione nel Def la prospettiva, non più così remota, di un embargo russo su gas e petrolio. L'impatto sulla crescita varia a seconda di quanto riusciranno gli sforzi in corso per diversificare l'approvvigionamento di energia: se tutto andrà secondo i piani, si limiterà a ridurre il Pil 2022 di 0,8 punti, se invece qualcosa dovesse andare storto, la carenza di gas costringerà a razionare le scorte e l'impatto su imprese e famiglie affonderà la crescita di 2,3 punti, portando il Pil reale a crescere di appena lo 0,6%.
L'Italia, ricorda il Def, negli ultimi anni ha aumentato l'import di gas naturale dalla Russia (+1,5 miliardi di euro tra il 2013 e il 2021, un incremento del 19,7%). Per questo, se le sanzioni varate dalla Ue contro Mosca hanno un impatto tutto sommato limitato sul Pil (0,2 nel 2022 e 0,1 nel 2023), un eventuale blocco dell'energia farebbe più male. Il Def suppone uno stop delle importazioni dalla fine di questo mese a tutto il 2023, e ipotizza due scenari.
Nel primo scenario le aziende del settore riuscirebbero ad assicurare le forniture di gas necessarie al Paese grazie ad un incremento delle importazioni dai gasdotti meridionali, un maggior utilizzo di LNG (la capacità di rigassificazione aumenterebbe sensibilmente già nel 2023) e un aumento - inizialmente modesto, ma crescente nel tempo - della produzione nazionale di gas naturale e biometano. L'embargo farebbe però comunque alzare i prezzi del gas (+37% nel 2022, +69% nel 2023), del petrolio (+9% e 4,5%) e dell'elettricità (+30% e +58%). E il Pil ne risentirebbe con un calo di 0,8 punti nel 2022 e di 1,1 punti nel 2023.
Nel secondo scenario ipotizzato, gli sforzi di diversificazione nell'approvvigionamento non producono i risultati attesi a causa di difficoltà tecniche, climatiche e geopolitiche. In quel caso non solo l'aumento dei prezzi sarebbe ancora più marcato (+10% rispetto al primo scenario), ma si accompagnerebbe ad una carenza di gas: -18% delle importazioni in volume del 2022 e -15% nel 2023. Ci sarebbe "minore disponibilità di gas per le utenze domestiche", sottolinea il Def, che calcola anche la quota "di consumi di gas da razionare". La carenza improvvisa contrarrebbe la crescita tendenziale di 2,3 punti percentuali nel 2022 e di 1,9 punti nel 2023.
Il governo stima, nello scenario più sfavorevole, che nel 2022 il Pil crescerebbe quindi in termini reali dello 0,6% e nel 2023 dello 0,4%: ciò significa che la crescita nel corso del 2022 sarebbe nettamente negativa, perché neutralizzerebbe quei 2,3 punti ereditati dal 2021. Il Def precisa, però, che si tratta di valutazioni riferite esclusivamente al quadro tendenziale, "giacché è evidente che a un simile scenario si risponderebbe con una manovra di sostegno all'economia più robusta di quella ipotizzata nel programmatico". Entrambi gli scenari avversi avrebbero effetti anche sul debito pubblico, il cui calo si arresterebbe per quest'anno e il prossimo, per poi riprendere nel 2025 quando si tornerebbe la crescita prevista nelle stime tendenziali del governo. 

Autore: ANSA