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La Cina soffre: in calo produzione e consumi
La politica della tolleranza zero, con i lockdown che hanno coinvolto 400 milioni di persone, sta avendo ripercussioni serie sull’economia cinese: la produzione industriale è calata del 2,9%, le vendite al dettaglio dell’11% e quelle di auto sono crollate del 47,6%, mentre la disoccupazione è salita al 6,1%. Il premier Li esce dall'ombra proponendo una politica economica alternativa
La Cina paga il conto delle politiche draconiane di contrasto al Covid-19: dopo il crollo di manifattura e servizi, la 'tolleranza zero' ha abbattuto ad aprile anche le vendite al dettaglio (-11,1%) e la produzione industriale (-2,9%), facendo poi schizzare la disoccupazione al 6,1%, ai livelli più alti da febbraio 2020. L'economia continua a raffreddarsi con la brusca correzione dovuta ai lockdown (più o meno rigidi) delle ultime settimane in decine di città nel Paese fino a coinvolgere 400 milioni di persone, secondo i calcoli di Nomura.
A Shanghai, i 26 milioni di residenti sono sottoposti a blocco totale o parziale da fine marzo, in linea con la politica 'zero-Covid', la cui validità è stata ribadita dal presidente Xi Jinping. La capitale Pechino sta lottando per sfuggire al lockdown.
Il timore di uno scenario di contrazione del Pil nel secondo trimestre ha portato nel fine settimana il panel di economisti partecipanti allo Tsinghua PBCSF Chief Economist Forum, tenutosi a Pechino, a concordare sulla necessità di agire senza indugi. Su tutti. Huang Yiping, professore alla Peking University, ha detto che nell'attuale situazione occorre "salvare l'economia ad ogni costo" e il metodo è "inviare denaro". Huang, secondo i media locali, ha mutuato la frase del dell'ex presidente della Bce Mario Draghi (il "whatever it takes" a difesa dell'euro nella crisi del debito nel 2012), modificato nel "fai qualunque cosa serva a salvare l'economia". La stabilizzazione, secondo Huang, sta nel prevenire i rischi sistemici e deve essere posta al primo posto nella politica macro, mentre questioni come leva finanziaria, struttura, efficienza ed equità devono finire in secondo piano.
Un'analisi non propriamente in linea con la 'prosperità comune' elaborata da Xi e pubblicata su Qiushi ("cercare la verità"), la rivista del Pcc: per realizzarla, la nazione "dovrebbe prima 'fare una torta più grande e migliore' attraverso gli sforzi congiunti delle persone, quindi dividere e distribuire adeguatamente la torta con disposizioni istituzionali razionali", ha scritto il presidente che al XX Congresso del partito di fine anno punta all'inedito terzo mandato.
Che ci sia un dibattito più attivo che in passato a causa della crisi economica lo dimostra anche l'insolita pubblicazione sull'edizione di sabato del Quotidiano del Popolo, la voce del Partito comunista, dell'intervento di fine aprile del premier Li Keqiang che sta riemergendo dall'ombra come potenziale contrappeso - che non si è visto per quasi un decennio - al potere di Xi. Il premier ha confutato gli stimoli guidati da investimenti e consumi, optando per le politiche macro sugli attori del mercato, la "radice dello sviluppo economico", attraverso massicci tagli fiscali e riduzioni delle tasse. Ha citato la salvaguardia della sicurezza energetica, anche a costo di "cancellare le restrizioni alla produzione" di carbone, lanciando l'allarme sull'occupazione che è in una situazione "complicata e cupa". Le vendite al dettaglio di aprile hanno accusato la contrazione più ampia da marzo 2020, con i servizi di ristorazione sospesi in alcune province e le vendite di auto crollate del 47,6% annuo. Le misure antivirus hanno scosso le supply chain e paralizzato la distribuzione, mentre la disoccupazione è al 6,7% nelle principali 31 città. Gli investimenti in immobilizzazioni, tra le leve principali per sostenere l'economia contro un export in affanno, sono aumentati del 6,8% annuo nei primi quattro mesi, contro il 9,3% di gennaio-marzo. Le vendite di unità immobiliari, altra nota dolente, sono crollate ai minimi degli ultimi 16 anni.