Focus On

BANCHE
18/10/2022

Effetto Bce sui mutui: tassi al 2,17%

La stretta di luglio dell’istituto centrale si è ora trasmessa ai tassi dei mutui, tornati ai livelli del giugno 2016 e destinati ad aumentare ancora per effetto delle ulteriori mosse al rialzo che verranno decise a Francoforte. Secondo il rapporto mensile dell’Abi, la domanda è calata e i mutui a tasso fisso rappresentano ora il 40% dei nuovi prestiti contro il 53,9% di agosto

L'effetto della prima stretta della Bce di luglio si fa sentire sui tassi dei mutui casa che, in media, a settembre salgono dal 2,07 al 2,17%, tornando così ai livelli di giugno 2016. La fotografia arriva dal rapporto mensile dell'Abi nel quale si registra una diminuzione delle richieste di mutui a tasso fisso che rappresentano ora il 40% dei nuovi prestiti contro il 53,9% di agosto. E i tassi sono destinati fatalmente a salire ancora anche se a livelli ben lontani da quelli prima della crisi finanziaria quando viaggiavano a oltre il 5%. Dopo il rialzo di luglio, che ha posto fine all'era dei tassi zero, la Bce ha aumentato dello 0,75% il tasso di rifinanziamento principale, portandolo all'1,25% e aprendo la porta a nuovi rialzi nei prossimi mesi per contrastare un'inflazione sempre più aggressiva e duratura nell'area euro. Certo, alla base del balzo dei prezzi ci sono le difficoltà di approvvigionamento energetico e delle materie prime, ma il quantitive easing degli scorsi anni e i tassi a zero hanno immesso una grandissima liquidità nel sistema finanziario. Una massa che il dg di Banca d'Italia Luigi Signorini ha definito "paglia" pronta per essere incendiata dal "cerino dei prezzi energetici" e che per queste rende necessaria una stretta, seppur graduale della politica monetaria in corso peraltro in tutto il mondo.
Il dilemma ora, rilevato anche dal presidente Abi Antonio Patuelli, è quello di frenare l'inflazione senza scatenare una recessione in un'economia, come quelle europea, incentrata su aziende piccole e medie che poggiano principalmente sul canale bancario per il credito. Se l'aumento dei tassi porta immediati benefici ai bilanci bancari, come hanno riconosciuto diversi amministratori delegati nelle scorse settimane, il margine (spread) fra il tasso medio sui prestiti bancari e quello sulla raccolta a famiglie e imprese è in recupero, ma "resta su livelli particolarmente infimi" sottolinea l'Abi. A settembre era 199 punti base (contro i 186 di agosto)" e salirà "sopra i 200 punti" spiega il vice dg dell'Abi, Gianfranco Torriero, nella conference call sul rapporto mensile. Sui tassi passivi, quelli applicati ai depositi, infatti i tassi sono saliti dallo 0,32 allo 0,35%. Per Torriero, il ritocco al rialzo dello spread è una correzione "fisiologica" dopo l'aumento dei tassi Bce e la fine "dell'anomalo periodo dei tassi a zero". Negli anni prima della crisi finanziaria lo spread viaggiava sui 300 punti (335 nel 2007). "Ora assistiamo a un recupero che però non porterà su quei livelli" ha aggiunto.
Malgrado il rallentamento economico in corso in Italia tuttavia la dinamica dei finanziamenti a famiglie e imprese resta in crescita (+4,2%) a settembre a 1356 miliardi di euro e anche le sofferenze nette sono salite di poco a 16,3 miliardi. Un aumento dei flussi visto il Pil in rallentamento è inevitabile ma, come ha sottolineato l'ad di Bnl Bnp Elena Goitini alla Accenture Banking Conference "a differenza delle crisi del 2008 e del 2013" l'Italia sta reagendo "in modo più positivo. Nel post pandemia l'Italia chiuderà il 2022 con un aumento del Pil fra il 3,2-3,5% superiore a Francia e Germania.  Il rallentamento del 2023 ci sarà ma partiamo forti di una capacità dimostrata nel 2022". 

Autore: ANSA