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CONFLITTO D’INTERESSI
23/10/2022

Negli Usa i controllori investono nei controllati

Il 20% dei membri delle Agenzie governative possiede o fa compravendite sulle azioni delle società sottoposte a controllo. Sono questi gli esiti di un’inchiesta del Wall Street Journal che ha passato in rassegna i dati dal 2016 al 2021. Ci sono anche sospetti di insider trading e cresce la preoccupazione per un conflitto di interessi che rischia di impedire una corretta regolamentazione di molti settori

Scandalo negli Usa, dove un gigantesco conflitto di interesse grava sulle agenzie del potere esecutivo preposte ai controlli nei vari settori, dall'ambiente alla difesa, dalla Borsa alla Banca centrale, dai farmaci agli alimenti e al lavoro. In pratica oltre il 20% dei 'controllori' possiede o scambia azioni di società (anche cinesi) su cui dovrebbe vigilare o prendere decisioni che influiscono sul loro andamento azionario, mentre quelle stesse società fanno lobbying su di loro per ottenere trattamenti favorevoli. E questo proprio mentre l'amministrazione Biden vorrebbe rafforzare il controllo su Big Tech, a partire dall'onnipresente e onnipotente Elon Musk, che preoccupa sempre di più l'establishment americano. Ad alzare il velo su questa sconcertante realtà' è il Wall Street Journal in quella che viene presentata come la prima puntata di una inchiesta dettagliatissima, dopo aver ottenuto e analizzato oltre 31 mila dichiarazioni finanziarie di circa 12 mila tra alti dirigenti, membri di staff politici e incaricati presidenziali dal 2016 al 2021, con dati su 850 mila asset finanziari e oltre 315 mila operazioni finanziarie, comprese quelle delle mogli e dei figli. Gran parte di questi dati non sono disponibili online o facilmente accessibili e, anzi, diverse agenzie governative hanno frapposto ostacoli o non li hanno consegnati. 
Il quotidiano ha individuato oltre 2600 dirigenti di varie branche esecutive, dal Tesoro al Commercio, sia nelle amministrazioni repubblicane che democratiche, che avevano investimenti in conflitto con i loro incarichi, ossia oltre uno su cinque 'senior officials' delle 50 agenzie federali esaminate. In particolare, più di 1800 hanno dichiarato il possesso o la vendita di azioni di almeno una delle quattro maggiori compagnie hi-tech: Meta (Facebook), Google, Apple e Amazon, tutte nel mirino delle autorità regolatorie. Oltre una cinquantina di dirigenti di cinque agenzie, compresa la Federal Trade Commission  (Ftc) e il ministero di Giustizia, hanno riportato la compravendita di azioni di società poco prima che i loro dipartimenti annunciassero azioni esecutive, come accuse e patteggiamenti, contro quelle quelle stesse società. E 70 funzionari si sono addirittura avventurati in più rischiose operazioni di Borsa, come lo 'short selling' o le 'options trading', con scambi in alcuni casi valutati tra i 5 e i 25 milioni di dollari.
Nei sei anni passati al setaccio sono state rintracciate più di 90 'trade' azionarie. All'Epa, l'agenzia per la protezione ambientale, quasi uno su tre dirigenti ha dichiarato investimenti in compagnie che stavano facendo lobbying sulla loro struttura: i dipendenti dell'agenzia e i loro famigliari sono risultati detenere complessivamente tra i 400 mila e i 2 milioni di dollari in azioni di major petrolifere in media ogni anno dal 2016 al 2021. Al Pentagono, invece, l'ammontare collettivo oscilla tra 1,2 e 3,4 milioni di dollari di azioni in aziende aerospaziali e della difesa. Alcuni addirittura avevano azioni di società cinesi (come Alibaba), mentre Washington valutava se metterle nella sua blacklist. Il Wsj cita anche alcuni casi specifici, con tanto di nome e cognome. 
Come è potuto accadere? In gran parte, spiega il Wsj, i dirigenti etici hanno certificano che i dipendenti rispettavano le regole, che prevedono diverse esenzioni consentendo loro di tenere azioni in conflitto con il lavoro alla loro agenzia. Il problema fa parte di un quadro ancora più grande. Il Congresso è stato criticato a lungo per non vietare ai parlamentari di lavorare su materie in cui hanno interessi finanziari. Conflitto capitato anche ad oltre 130 giudici, secondo il quotidiano. Sarà quindi difficile in questo contesto dare un giro di vite su Big Tech. O mettere le briglie al sempre più ingombrante Musk, che qualcuno a Washington ha già ribattezzato "Elon, The Everywhere": il governo Usa dipende sempre più da lui, dallo spazio alla difesa, alle auto elettriche. 

Autore: ANSA