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MERCATO AZIONARIO
01/11/2022

Per Wall Street il mese migliore dal 1976

Nonostante i rialzi dei tassi e i timori di ulteriori strette, il mercato americano archivia ottobre con un risultato record per l’indice Dow Jones. Il rally, però, è giudicato effimero perché gli analisti temono che la Fed resterà falco a lungo e l’esperienza storica mostra che Wall Street riprende davvero slancio solo quando l’inflazione viene finalmente messa davvero sotto controllo

Wall Street ha archiviato un ottobre stellare, il migliore dal gennaio 1976 per il Dow Jones, mostrandosi resiliente alle strette della Fed e all'incertezza globale. Ma con il proseguire degli sforzi della banca centrale americana per raffreddare l'economia, gli investitori sono scettici sulla durata del rally. E i precedenti storici sembrano confermare il loro scetticismo. Il gennaio del 1976 non è stato infatti l'inizio di un buon anno e di un buon periodo per Wall Street. Il Dow Jones chiuse il mese a 975,3 punti, per poi oscillare intorno a quota 1.000 punti per tutto il resto dell'anno. Nel 1977 perse il 17%, chiudendo a 831,2 punti. E solo nel 1983 - dopo che l'aggressiva campagna di rialzi dei tassi da parte della Fed di Paul Volcker riuscì finalmente a controllare l'inflazione - il Dow Jones riuscì a superare i 1.000 punti.
Precedenti storici a parte, gli analisti temono che la Fed resterà falco a lungo, mantenendo il costo del denaro elevato con conseguenze tutte da verificare per l'economia e per i mercati, che attendono cauti la decisione delle prossime ore. Un rialzo dello 0,75% è dato per scontato, con i tassi che dovrebbero così salire in una forchetta fra il 3,75% e il 4%. E le Borse guardano già oltre, più preoccupate dalle prossime mosse della banca centrale. I riflettori sono tutti su Jerome Powell e sulla conferenza stampa che terrà al termine della riunione. I dati macroeconomici mostrano un'economia americana in crescita, un'inflazione che seppur in rallentamento si mantiene sui massimi degli ultimi 40 anni, e soprattutto un mercato del lavoro forte. A sorpresa a settembre i posti disponibili sono saliti a 10,7 milioni, indicando una forte richiesta e aprendo la porta alla possibilità di una guerra dei salari per attirare lavoratori. Un'ipotesi che rischia di alimentare l'inflazione e, quindi, aumentare la pressione sulla Fed.
Dopo il rialzo dello 0,75% di novembre la banca centrale dovrebbe - secondo le attese - rallentare la velocità di azione, ritoccando il costo del denaro dello 0,50% in dicembre e dello 0,25% in febbraio e marzo, quando i tassi sono attesi al 5%. Un livello al quale è prevista una recessione e sostanziali perdite di posti di lavoro, e che agita molti deputati e senatori democratici. "Siamo molto preoccupati dalla possibilità che i rialzi dei tassi rallentino l'economia fino a metterla in ginocchio senza fermare la corsa dei prezzi che continua a danneggiare le famiglie", affermano in una lettera indirizzata a Powell i liberal Elizabeth Warren e Bernie Sanders, osservando come la Fed con la sua strategia sembra ignorare la vita di milioni di americani. Se i democratici sono preoccupati dalla possibilità che la Fed si spinga troppo oltre con i rialzi, la banca centrale teme di più il non fare abbastanza. Non ritoccare a livelli adeguati ora il costo denaro rischia di innescare un spirale inflattiva pericolosa con danni alle famiglie ancora maggiori. Per questo la banca centrale appare intenzionata a procedere con la sua campagna aggressiva di rialzi fino a quando i prezzi non saranno sotto controllo. 

Autore: ANSA