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UNIONE EUROPEA
07/03/2023

Da Bruxelles un piano sulle Terre Rare

La Commissione Ue spinge con decisione verso una maggiore autonomia su materie prime strategiche per la transizione verde ed energetica e si appresta a presentare un piano – il  Critical Raw Materials Act – che stabilisce che il 10% delle estrazioni di Terre Rare dovrà venire dall’Europa e fissa dei limiti all’import cinese. In arrivo anche l’attesa riforma del mercato elettrico

Non solo una risposta secca a Washington e ai suoi sussidi green. La riscossa industriale dell'Europa punta dritto anche a Pechino nel complicato tentativo di dare un taglio netto al cordone ombelicale che lega il Vecchio Continente alle materie prime critiche estratte senza sosta dal sottosuolo cinese e strategiche per la svolta green. Una proposta di legge che i due vicepresidenti esecutivi Ue Margrethe Vestager e Valdis Dombrovksis si apprestano a svelare il 14 marzo - insieme al piano industriale 'gemello' per un'industria sempre più a emissioni zero -, e che nelle anticipazioni sgombra il campo da ogni equivoco: nei prossimi sette anni almeno il 10% dell'estrazione delle terre rare deve tornare all'interno dei confini europei, resi più forti ora anche all'estremo Nord del circolo polare artico dalla recente scoperta svedese del maxi-giacimento da oltre un milione di tonnellate di terre rare di Kiruna.
Nella bozza del testo messo a punto dall'esecutivo comunitario, visionata dall'ANSA, Bruxelles fissa i suoi target per l'autosufficienza del Vecchio Continente lungo l'intera catena del valore: entro il 2030 la capacità interna di estrazione delle materie prime critiche dovrà aumentare ad almeno il 10%, quella di raffinarle e lavorarle ad almeno il 40%, e fondamentale sarà portare anche la capacità di riciclarle ad almeno il 15%. Tre obiettivi da affiancare a una stretta all'import dai Paesi terzi e soprattutto dal Dragone: "non più del 70% di ciascuna materia prima strategica" potrà avere
origine extra-Ue, recita il diktat Ue. Un primo passo per affrancarsi dal monopolio cinese da applicare a tutti i 17 metalli vitali per la doppia transizione verde e digitale, perché imprescindibili per la produzione di batterie e microchip per far funzionare tv, cellulari, turbine eoliche, pannelli fotovoltaici, auto elettriche, radar, magneti permanenti e fibre ottiche. E da affiancare a una corsia preferenziale per i progetti "strategici", con procedure di autorizzazione più snelle e prevedibili - con tempi non superiori ai due anni - e finanziamenti ad hoc. E anche su questo versante Bruxelles lancia il guanto di sfida a Pechino, indicando la volontà di finanziare anche quei progetti sviluppati in territori terzi attraverso la sua strategia Global Gateway da 300 miliardi di euro messa in campo per contrastare la Belt and Road di Xi Jinping. Un piano per il quale, nelle parole usate a inizio settimana dal vicepresidente Ue Maros Sefcovic, il fattore "tempo" e la "capacità" dei Ventisette di "spingere tutti nella stessa direzione" sarà fondamentale tanto quanto in campo energetico.
Se il Critical Raw Materials Act può rappresentare una svolta per il tessuto industriale europeo, proprio sul versante dell'energia la tanto attesa rivoluzione del nuovo assetto del mercato elettrico fin qui non è completa. Nella bozza della riforma - che sarà presentata il 16 marzo - Palazzo Berlaymont tutela dalla volatilità dei prezzi i consumatori e l'industria puntando su contratti a lungo termine e rinnovabili, senza però compiere il passo politico decisivo: il più volte invocato 'decoupling', ovvero il disaccoppiamento tra i prezzi del gas e dell'elettricità.

Autore: ANSA