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PRIVATIZZAZIONI
15/05/2024

Lo Stato scende sotto il 2% di Eni

Con un’operazione di accelerated book building, il Tesoro ha ceduto il 2,8% del capitale del gruppo energetico per una cifra intorno agli 1,4 miliardi. Il controllo resta comunque in mano pubblica grazie alla partecipazione di Cdp, che detiene il 28,5%. Dopo Mps, prosegue dunque il piano di privatizzazioni con cui il governo conta di incassare circa 20 miliardi entro tre anni

Dopo Mps arriva la volta di Eni. Il governo Meloni va avanti sulle privatizzazioni cedendo, ancora una volta con una procedura accelerata di raccolta ordini, una quota del 2,8% del gruppo in mano al Mef, che scende così sotto il 2% del capitale (dal 4,797%). Il controllo pubblico sul cane a sei zampe resta tuttavia assicurato dalla partecipazione di Cdp (la cui maggioranza fa capo allo stesso Mef con una quota di minoranza delle Fondazioni bancarie), che detiene il 28,503%. Voci di una cessione della partecipazione erano circolate già lo scorso gennaio anche se l'esecutivo, per voce del sottosegretario al Mef Federico Freni, aveva ricordato come "non c'è nessuna fretta di privatizzare ma che si privatizzerà bene, nei tempi giusti, nei momenti giusti" rispettando comunque l'obiettivo del Def di autunno 2023, che prevede, per i prossimi tre anni, cessioni pari all'1% del Pil. Un valore che, come ricordava l'osservatorio Cpi, corrisponde a circa 20 miliardi di euro. La decisione di vendere ora coglie anche il recupero del listino milanese e della stessa azione Eni, che è tornata proprio attorno ai livelli di gennaio scorso (15,11 euro). A questi prezzi l'operazione vale poco meno di 1,4 miliardi, ma di solito viene applicato uno sconto. 
Per il Tesoro quindi si tratta di un ulteriore passo nel cammino delle privatizzazioni, ancora più preziose in un momento in cui i conti pubblici devono affrontare da qui ai prossimi anni le alte spese per il Superbonus che il ministro dell'economia Giancarlo Giorgetti ha definito 'un Vajont'. La vendita della quota del 37,5% Mps in due tranche, ha fruttato alle casse del Tesoro oltre 1,5 miliardi di euro aprendo poi l'interrogativo su cosa fare della restante quota del 26% e, in definitiva della banca senese: rimanere come azionista della banca, cedere tutto sul mercato o agevolare una fusione con un altro gruppo per dare vita a un terzo polo bancario dopo Intesa Sanpaolo e Unicredit.
Per tornare alle privatizzazioni, il carniere delle società pubbliche o con rilevanti quote pubbliche che potrebbero essere privatizzate anche solo in parte è nutrito: Enav, Enel, Poste, Leonardo, cui si aggiungono le partecipazioni di Cdp, fra cui Italgas, Terna, Snam e Fincantieri. Operazioni che però devono fare i conti con la volontà politica e considerazioni sulla strategicità della partecipazione.

Autore: ANSA