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2024: l’anno dei record per le Borse
Il rally è pressoché globale e fa segnare record assoluti agli indici di Wall Street, Parigi, Francoforte e Tokyo. Molto bene anche Milano, Madrid e Atene, che però restano ancora ampiamente al di sotto dei massimi segnati prima della crisi finanziaria che si è innescata nel 2007. A correre non sono più solo i ‘Magnifici Sette’: le attese su taglio dei tassi e utili aziendali spingono molti comparti
Borse record anche nel 2024, un anno che - a dispetto delle profezie - prolunga i massimi storici inanellati dopo lo scoppio della pandemia da New York, Parigi, Francoforte e persino di Tokyo, in ripresa da una stagnazione-deflazione pluridecennale. Con l'importante eccezione di alcune piazze europee - Milano, Madrid, Atene – che, seppure in deciso rally, non sono ancora riuscite a recuperare i massimi precedenti la grande crisi finanziaria.
Piazza Affari vede il Ftse Mib in rialzo da settimane oltre 35.000 punti, 5.000 aggiunti solo dallo scorso gennaio, ma l'indice è ancora al di sotto dei quasi 45.000 segnati nel 2007 e del record storico del 2000 in area 50.000. Madrid è ancora più indietro, fatica a vedere i 12.000 punti del 2015.
Il rally delle Borse è generalizzato e smentisce molti profeti di sventure, fra tutti il 'guru' Nouriel Roubini, che un anno fa avvertiva di una forte correzione in arrivo. In realtà, guardando la congiuntura, sono tanti i motivi della corsa dei listini azionari, al netto della fortissima incertezza geopolitica e del debito mondiale senza precedenti segnalato dall'Institute of International Finance (315.000 miliardi di dollari). Se il Dow Jones ha superato per la prima volta quota 40.000
punti, inanellando l'ennesimo record assieme a Nasdaq e allo S&P 500, ci sono i meccanismi dei mercati, anzitutto. Non tirano solo le 'magnifiche sette' Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Microsoft, Nvidia, Tesla, ma - fra gli altri - tornano a correre i titoli industriali e delle costruzioni che per definizione guadagnano quando scendono i tassi d'interesse. La scommessa è che non solo in Europa, dove la Bce inizierà a tagliare i tassi a giugno, ma anche negli Usa la Fed si muoverà nella stessa direzione nonostante un'inflazione più elevata. Anzi: secondo il 'guru' de bond Mohamed el-Erian, la sensazione è che il presidente della Fed, Powell, sia deciso a tollerare un'inflazione più vicina al 3% che al 2%. I segnali recenti dall'inflazione Usa sono all'origine del rally di questi giorni, perché avvicinano il taglio Fed. Ma è la politica monetaria nel complesso a infiammare le Borse, con liquidità in eccesso che, seppure in calo, è ancora a livelli molto elevati (oltre 3.200 miliardi di euro nel caso della Bce) come eredità delle crisi passate. E spinge indici di Borsa e propensione al rischio.
L'economia americana, poi, sembra aver archiviato i timori di un atterraggio 'duro', grazie a uno stimolo di bilancio di dimensioni 'belliche' e alla resilienza delle imprese, con guadagni di produttività che hanno dato un forte contributo ai prezzi delle azioni. Ora si dà per scontato un 'soft landing', a tutto vantaggio degli utili aziendali. Utili che, peraltro, per moltissime imprese negli Usa e in Europa hanno segnato record, 'pompati' anche da un'inflazione elevata da due anni a questa parte che - generalmente parlando - ha travasato soldi dai lavoratori (coi salari incapaci di stare al passo dell'inflazione) alle imprese, e dalle imprese ai loro azionisti sotto forma di dividendi.