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Lo sciopero dei portuali fa tremare l’economia
I lavoratori dei porti della costa orientale e del Golfo incrociano le braccia e l’economia Usa è a rischio paralisi, con ripercussioni su inflazione e sulle elezioni presidenziali. Il costo del fermo è di 5 miliardi al giorno e il presidente Biden spinge perché si arrivi al più presto a un accordo. I sindacati chiedono aumenti salariali del 77% solo per sedersi al tavolo delle trattative
I dipendenti dei porti americani della costa orientale e del Golfo incrociano le braccia per la prima volta da quasi 50 anni, per l'esattezza dal 1977. E l'economia statunitense trema rischiando la paralisi e un conto salato da pagare. Lo sciopero, infatti, costa fino a cinque miliardi di dollari al giorno, e il pericolo è che aumenti le pressioni inflazionistiche, complicando il lavoro della Fed e la corsa alla Casa Bianca di Kamala Harris. Un'impasse economica a poche settimane del voto potrebbe infatti ridurre le chance di vittoria della vicepresidente, esponendola a nuove critiche da parte di Donald Trump. "Lo sciopero è colpa dell'inflazione creata da Harris-Biden", ha tuonato l'ex presidente. La Casa Bianca chiede ai negoziatori di lavorare in modo "equo e rapido" affinché un accordo venga raggiunto al più presto, senza danneggiare troppo la ripresa economica e, soprattutto, senza ritardare gli aiuti alle comunità colpite dell'uragano Helene. Ai portuali va presentata un'offerta "giusta" che rifletta il "loro contributo", ha detto Biden. Pur esortando le parti a negoziare, il presidente non intende intervenire direttamente nella trattativa, ma la segue attentamente, consapevole delle implicazioni che lo stop potrebbe avere sulla campagna elettorale che vede i due candidati già testa a testa.
In tutto a incrociare le braccia sono i dipendenti di 36 porti, che hanno capacità pari alla metà del volume di scambi commerciali americano. Gli effetti immediati dello stop si faranno sentire sui container e sulla consegna di auto, mentre saranno effettuate eccezioni per lo sposamento di beni militari. Uno sciopero di una settimana potrebbe avere conseguenze per un mese nello smaltimento delle merci accumulate, quindi uno stop prolungato rischia di avere conseguenze ancora più pesanti. I dipendenti dei porti chiedono un aumento dei compensi: "Siamo pronti a combattere per il tempo necessario, a scioperare per quanto serve", ha assicurato il leader della International Longshoremn's Association. Harold Daggett spera di ottenere gli stessi successi incassati di recente dal sindacato dei metalmeccanici United Auto Workers e, poco prima di indire lo sciopero, ha respinto un'offerta con un aumento del 50% in sei anni, ritenendola inadeguata. Il sindacato chiedeva infatti un aumento del 77% solo per sedersi al tavolo delle trattative.
Il porto di Long Beach, sulla costa occidentale, si è detto disponibile ad accogliere parte delle merci destinate ai porti che vanno dal Maine al Texas. "Possiamo accogliere e gestire un maggior numero di container", ha detto il direttore esecutivo di Long Beach aprendo a una possibile collaborazione per allentare la pressione. Restano alla finestra le grandi catene commerciali che, pur assicurando di avere scorte sufficienti per far fronte alla domanda, non escludono pressioni al rialzo sui prezzi.