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Inps: “La spesa pensionistica è cresciuta del 19%”
In audizione il presidente Gabriele Fava spiega che tra il 2019 e il 2023 si è registrato uno squilibrio dovuto al recupero dell’inflazione e che i salari hanno perso il 10% del potere d’acquisto, pesando anche sui conti dell’ente. Secondo Fava non è più possibile alzare i requisiti, già tra i più alti d’Europa, ma bisogna agire sull’occupazione giovanile e femminile e sulla previdenza integrativa
La spesa per le pensioni è cresciuta tra il 2019 e il 2023 del 19,4%, soprattutto grazie al recupero dell'inflazione e a un tasso quasi tre volte maggiore di quello dell'aumento dei salari. A dare un quadro sull'andamento dei redditi da lavoro e da pensione negli ultimi quattro anni è stato il presidente dell'Inps, Gabriele Fava, nel corso di un'audizione davanti alla Commissione parlamentare di controllo sugli enti previdenziali. Fava ha spiegato come le retribuzioni monetarie, cresciute solo del 6,8%, abbiano, a fronte di un'inflazione nel periodo del 15-17%, perso quasi il 10% del loro potere d'acquisto. Ma di fatto questo ha pesato anche sui conti dell'Inps, con i contributi che insieme ai salari non hanno recuperato appieno la crescita dei prezzi. In pratica l'istituto ha fatto fronte a questa crescita della spesa, non compensata dall'aumento delle entrate contributive, con la crescita dei trasferimenti dello Stato. Nel solo 2023 l'aumento della spesa per pensioni è stato del 7,4% rispetto all'anno precedente, spesa che si è attestata al 15,3% del Pil, uno dei livelli più elevati d'Europa. Dovrebbe superare il 17% nel 2036 con l'uscita della gran parte dei baby boomers. Per Fava, dunque, non è più possibile aumentare i requisiti di accesso alla pensione al di là della speranza di vita, ma bisogna piuttosto agire sulla base occupazionale, coinvolgendo soprattutto donne e giovani, e sulla produttività aprendo la strada a retribuzioni più alte. "Il controllo della spesa – ha detto - è difficilmente realizzabile in ragione della sua dipendenza da fattori demografici influenzati da dinamiche di lungo periodo. Inoltre, non è percorribile la scelta di incrementare ulteriormente i requisiti di accesso alla pensione che sono tra i più alti d'Europa, salvo l'adeguamento alla speranza di vita". Le tendenze demografiche in atto "rappresentano un fattore di rischio per la sostenibilità della maggioranza dei sistemi previdenziali pubblici" basati su un sistema finanziario a ripartizione nel quale si pagano le pensioni con i contributi delle persone che lavorano.
Al momento il tasso di sostituzione della pensione (la percentuale rispetto all'ultima retribuzione), è uno dei più elevati d'Europa, al 59% medio, anche grazie all'elevato peso dell'aliquota di contribuzione. Ma presto, con l'entrata a regime per tutti del calcolo contributivo per l'intero assegno, sarà ancora più importante l'apporto della previdenza integrativa, ancora troppo poco utilizzata. "Le potenzialità di questo secondo pilastro - ha detto Fava - necessitano di interventi di promozione che il Piano strutturale di bilancio introduce tra le iniziative mirate alla sostenibilità del sistema pensionistico".