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Caltagirone sale al 5% di Montepaschi
L’imprenditore romano ha rivisto al rialzo la propria quota, dopo aver acquisito a metà novembre il 3,5% nell’ambito del collocamento del Tesoro, ed è ora il secondo azionista della banca senese dietro al ministero. Non sono state rese note le motivazioni dell’aumento della quota, ma in questo periodo piuttosto movimentato, si registrano diversi arrotondamenti nel capitale delle banche italiane
Continuano le scosse telluriche sul mercato bancario italiano. Francesco Gaetano Caltagirone, che già lo scorso 13 novembre aveva acquistato il 3,5% di Mps nell'ambito del collocamento da parte del Tesoro del 15% del Monte, ha continuato a comprare azioni, salendo al 5,03% della banca di cui è ora secondo azionista alle spalle del Mef. Il ritorno a Siena di Caltagirone, dopo l'addio seguito all'acquisizione di Antonveneta, era avvenuto nell'ambito della costituzione, da parte del ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, di un nocciolo duro di azionisti - oltre a Caltagirone, la Delfin della famiglia Del Vecchio (3,5%), Banco Bpm (5%) e Anima (4%) - che nelle intenzioni del governo e nella lettura del mercato avrebbero dovuto rappresentare il motore di un terzo polo bancario che avrebbe unito Siena, Banco Bpm e Anima. 'Avrebbe', perché questo disegno è stato seriamente messo in discussione lo scorso 25 novembre dall'offerta pubblica di scambio lanciata da Unicredit su Banco Bpm. Una mossa che ha creato tensioni nella maggioranza di governo - con la Lega e Forza Italia ai ferri corti - e che è stata accolta con grande irritazione dal Mef che, visto vanificato il suo lavoro su Siena, ha rammentato il dovere di valutare la mossa di Unicredit con lo strumento del Golden Power.
Dal gruppo Caltagirone - presente anche nell'azionariato del Banco e di Anima - non filtrano commenti sulle motivazioni degli acquisti, che potrebbero essere coerenti con quelli che hanno spinto l'imprenditore romano a rilevare le azioni dal Mef, ma che potrebbero anche avere carattere opportunistico, in relazione a uno scenario fluido in un mercato che continua a scommettere sul risiko bancario. D’altra parte, l'arrotondamento non è l'unico segnalato dalla Consob. Grandi banche estere continuano a muovere derivati sugli istituti italiani: Barclays è rientrata in Mps con una partecipazione aggregata del 5,4%, per il 4,3% rappresentata da posizioni lunghe con regolamento in azioni, Jp Morgan ha limato dal 6,1 al 5,7% quella in Bper, Goldman Sachs dal 6,5% all'1,3% quella in Intesa, mentre Davide Leone & Partners è sceso appena sotto il 5% di Banco Bpm.