Focus On
La Cina risponde: stop all’export in Usa di minerali e metalli
L’ulteriore stretta americana sui microchip spinge Pechino a contrattaccare, con il blocco dell’export di materie prime fondamentali per produrre semiconduttori, batterie e utilizzati in molte applicazioni militari. Una misura a effetto immediato che rischia di avere ripercussioni importanti sull’industria americana e che funge da monito a Washington sulle conseguenze di nuovi dazi
La Cina reagisce alle ultime restrizioni Usa sui microchip e vieta l'export verso gli Stati Uniti di materiali fondamentali per produrre semiconduttori e batterie. In meno di 24 ore la battaglia per la supremazia hi-tech tra le prime due potenze economiche del pianeta si è inasprita, avvicinandosi di più a uno scontro ad altissimo rischio, nell'imminenza del ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Pechino ha deciso di bloccare le spedizioni negli Stati Uniti di diversi minerali e metalli "a duplice uso" utilizzati per i semiconduttori e nelle applicazioni militari, in una rapida rappresaglia senza precedenti per entità e tipologia. Il ministero del Commercio ha annunciato che non avrebbe consentito l'esportazione di articoli "a duplice uso correlati a gallio, germanio, antimonio e materiali superduri" verso l'America e che avrebbe avviato controlli più severi per gli articoli correlati alla grafite. "Gli Stati Uniti hanno ampliato il concetto di sicurezza nazionale, politicizzato e trasformato in armi le questioni commerciali e tecnologiche, abusando delle misure di controllo dell'export", ha tuonato una nota del ministero. "Per tutelare la sicurezza nazionale, la Cina ha deciso di rafforzare i controlli sulle esportazioni di prodotti a duplice uso verso gli Stati Uniti", ha aggiunto, sottolineando che le misure avrebbero avuto un'efficacia immediata.
Quattro importanti associazioni industriali cinesi, in rappresentanza di settori strategici quali internet, auto, semiconduttori e comunicazioni, hanno reagito alle mosse Usa invitando i propri iscritti a ridurre gli acquisti di semiconduttori americani. "I chip statunitensi non sono più sicuri o affidabili e le industrie cinesi interessate dovrebbero essere caute nell'acquistarli", ha ammonito la China Semiconductor Industry Association. I minerali e i metalli sottoposti a embargo sono utilizzati nella produzione di semiconduttori e batterie, nonché per componenti di apparecchiature di comunicazione e hardware militare come le munizioni perforanti. Pechino aveva già rafforzato i controlli sulle loro esportazioni in risposta al rafforzamento delle sanzioni occidentali sui chip, con i suoi limiti alle spedizioni di germanio e gallio che hanno portato a raddoppiare i loro prezzi in Europa. L'ultima stretta verso gli Stati Uniti, che è un monito verso i piani bellicosi di Trump su dazi al 60% per tutto il made in China verso gli Usa, ha chiarito che il presidente Xi Jinping è disposto a colpire gli interessi economici occidentali per rispondere alle restrizioni sui chip di Washington, grazie al predominio di Pechino nella fornitura globale di decine di risorse cruciali. Ad esempio, il Dragone produce il 98% di gallio e il 60% di germanio a livello globale, secondo l'Us Geological Survey.
Pochi giorni prima, Washington aveva imposto nuove sanzioni meno pesanti delle attese, ma progettate per rallentare lo sviluppo dell'industria cinese dei semiconduttori, con restrizioni più severe sull'export di strumenti di produzione di microchip critici e sul divieto di chip di memoria ad alta larghezza di banda avanzati, cruciali per l'intelligenza artificiale. I fornitori nipponici di apparecchiature per chip sono stati visti come beneficiari: Tokyo Electron è salita in Borsa a Tokyo del 4,3%, mentre Disco Corp e Lasertec hanno avuto rialzi pari, rispettivamente, al 6,1% e al 4,3%. Washington ha anche aggiunto 136 aziende cinesi alla lista nera del commercio americano, tra cui Wingtech, il principale fornitore di Apple e Samsung, che stava lavorando per acquisire tecnologia estera dei semiconduttori. Dal 2018, Wingtech (i cui titoli sono crollati del 10% a Shenzhen) ha speso più di 4 miliardi di dollari per rilevare il gruppo olandese di semiconduttori Nexperia e ha tentato di rilevare il controllo della britannica Newport Wafer Fab, impedito dal governo di
Londra. I dazi sugli oltre 360 miliardi di beni cinesi colpiti da Trump nel primo mandato sono stati in gran parte mantenuti dal presidente Joe Biden che ne ha aggiunti altri in settori quali acciaio, allumino e pannelli solari, fino al 100% per le e-car.