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CONTI PUBBLICI
08/04/2025

Nel Def la crescita si ferma allo 0,6%, ma non considera i dazi

Il nuovo documento del governo non fa menzione dell’impatto che le tariffe potrebbero avere sulla nostra economia. Bankitalia rileva la crescita del pessimismo tra le imprese. Nel documento del governo si calcola che il rapporto debito/Pil rimarrà inferiore al 140%, sempre che non si inneschi una recessione globale, che avrebbe ripercussioni molto pesanti anche sull’Italia

Crescita dimezzata rispetto alle stime d'autunno, debito che tiene grazie alle entrate soddisfacenti e al saldo primario in miglioramento. E nessuna indicazione né sull'impatto dei dazi né sulle spese per la difesa. E' lo scenario sui cui si muove il nuovo Def. Un documento che si preannuncia 'tecnico' e che quindi, come previsto dal Regolamento Ue del 2024 sulle politiche economiche e la sorveglianza di bilancio, non conterrà il quadro programmatico risultante dagli indirizzi di policy del governo. Anche se la 'bomba' sganciata da Donald Trump con i dazi sarà l'elefante nella stanza della riunione del governo: se innescasse una recessione globale, l'Italia non sarebbe al riparo. E verrebbe alla ribalta il tallone d'Achille del debito.
Cifre 'scritte sull'acqua', dunque, perché ancora nulla si sa della reazione del tycoon americano, che con l'Europa ha usato toni bellicosi, alle controproposte della Ue magari 'addolcite' dalla prossima visita della premier Giorgia Meloni a Washington. E c'è un osservato speciale, la Cina. Che ha fra le opzioni ritorsive una svalutazione dello yuan, in grado di far deflagrare una vera e propria guerra commerciale.
La crescita, secondo fonti di governo, per quest'anno sarà "molto contenuta" nelle nuove stime del documento che dopo un passaggio normativo si chiamerà Dfp (Documento di finanza pubblica). In linea con lo 0,6% indicato da Bankitalia, la metà dell'1,2% scritto nel Programma strutturale di bilancio. Diversi economisti si aspettano valori anche più bassi, in area 0,4%. Ma tutto quello che si vorrà fare in più, spiegano dall'esecutivo, dovrà essere attuato indicando nuove coperture o in deroga alle norme vigenti. Sempre gli economisti puntano su un lieve miglioramento nel biennio successivo, ma nell'ordine di uno o due decimali: i timori, oltre che dagli impatti diretti sulle imprese esportatrici, arrivano da quelli indiretti legati alla congiuntura globale. E' in questo clima che Bankitalia, nella sua indagine sulle aspettative delle imprese, nel primo trimestre di quest'anno rileva un saldo tra valutazioni di miglioramento e di peggioramento ulteriormente deteriorato a -30 punti percentuali, da -25 nella precedente rilevazione, pur con segnali positivi su una ripresa degli investimenti e del manifatturiero dopo due anni in rosso.
Tanta incertezza spiega la prudenza del governo sui conti e lo sforzo per ricorrere ai fondi europei per aiutare le imprese. Secondo gli economisti, nel Def, la traiettoria del debito non si scosterebbe troppo da quella indicata nel Piano strutturale di bilancio a settembre: proseguirebbe l'aumento del rapporto fra debito e Pil fino al 2026, frutto anche del superbonus, prima di invertire la tendenza nel 2027. Ma senza avvicinarsi alla soglia del 140% che riporterebbe l'Italia ai tempi del Covid. L'ipotesi di una recessione globale - collocata al 45% di probabilità dall'Opec - metterebbe invece tutto in discussione. Complicando di molto la traiettoria di rientro del debito, in cui il Mef deve tener conto non tanto del Patto di stabilità Ue, quanto dei mercati e delle agenzie di rating. 

Autore: ANSA