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L’Opec+ aumenta la produzione, prezzi ai minimi
In un probabile tentativo di disciplinare i Paesi “ribelli” che si ostinano a sovraprodurre rispetto alle quote concordate, il cartello ha deciso di aumentare la produzione anche a giugno, spingendo ulteriormente al ribasso le quotazioni del greggio, ora ai minimi da tre anni. Da inizio aprile, per l’effetto dazi e per il rallentamento della domanda cinese, il prezzo era calato del 18%. A rischio la tenuta del cartello
L'Opec+ gioca con il fuoco. Meglio, con il petrolio. L'associazione dei principali Paesi produttori ha infatti scelto di proseguire nell'aumento della produzione in una fase nella quale i prezzi sono già ai minimi da oltre tre anni. Lo aveva deciso per maggio e ora, con una crescita di 411mila barili al giorno, anche per giugno. Un apparente controsenso, ma che nasce dal tentativo di disciplinare le nazioni che insistono nella sovraproduzione, come Iraq e Kazakistan. Questo quanto sostengono gli analisti ripresi da Bloomberg, che evidenziano il rischio di affossare ulteriormente le quotazioni del greggio. Che da una parte, in misura marginale, possono ridurre il prezzo della benzina. Ma dall'altra, in modo molto più consistente, rischiano di appesantire le Borse mondiali. In ogni caso, le nazioni chiave dell'Opec+, guidate da Arabia Saudita e Russia, hanno concordato la crescita di produzione anche per il mese prossimo. L'aumento rispecchia una spinta ancora maggiore già decisa per maggio, con i trader che si stavano preparando a un nuovo annuncio dopo che l'Arabia Saudita aveva segnalato di essere disposta ad accettare un periodo prolungato di prezzi bassi. Con le quotazioni che nelle ultime settimane sono davvero crollate.
Da inizio aprile, con la prima introduzione dei dazi Usa, i prezzi del petrolio sono infatti collassati per il Wti da 71 dollari al barile agli attuali 58 dollari, con un calo complessivo del 18%. E il tentativo di ripresa legato all'annuncio dell'attenuazione dei provvedimenti si è infranto nell'ultima settimana di contrattazioni, nella quale le quotazioni del greggio sono scese di oltre il 7%. Queste due consecutive crescite di produzione rappresentano una chiara inversione di tendenza rispetto alle posizioni di lunga data del cartello, che ha sempre affermato di difendere i prezzi. Ma ora, con quotazioni molto basse, cerca di convincere i Paesi 'ribelli' a rientrare nelle indicazioni dell'organizzazione. Una bomba sul mercato petrolifero, con i prezzi che già soffrivano il rallentamento della domanda cinese, primo driver dei consumi, non compensata dalle tensioni per le guerre in regioni chiave della produzione mondiale, segnala un report dell'Ispi.
A parte i dazi, il settore guarda quindi soprattutto all'Opec+ che, con questi aumenti di produzione in un momento debole, rischia di mettere a repentaglio la sua stessa tenuta.