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SOTTO PRESSIONE
22/03/2021

I mercati puniscono Erdogan

L’improvvisa cacciata del governatore della banca centrale ha fatto fuggire gli investitori, che temono sempre più un’economia turca fuori controllo. Il governatore voleva alzare i tassi per contrastare l’inflazione, che a febbraio si è attestata al 15,6% e per questo è stato cacciato. Al suo posto è stato nominato un fedelissimo di Erdogan. A picco la lira turca e la Borsa di Istanbul

Quattro mesi di guadagni bruciati in pochi minuti. È stata durissima la risposta dei mercati all'ennesimo ribaltone deciso dal presidente Recep Tayyip Erdogan alla Banca centrale di Turchia, con la cacciata venerdì notte del governatore rigorista Naci Agbal, nominato nel novembre scorso proprio per risollevare le sorti di un'economia in pericolosa caduta. All'apertura settimanale dei mercati valutari, la lira turca ha ceduto il 15% rispetto a euro e dollaro, tornando a un passo dai minimi storici toccati prima della nomina di Agbal e della contemporanea uscita di scena del discusso ministro delle Finanze Berat Albayrak, genero di Erdogan. Pesantissimo è stato anche il calo della Borsa di Istanbul, che ha più volte sospeso le negoziazioni, con un crollo finale del suo indice di quasi 10 punti. La lira ha invece leggermente recuperato nel corso della giornata, che resta comunque tra le più negative della storia recente per l'economia di Ankara.
“Non ci sarà assolutamente alcun allontanamento dal meccanismo del libero mercato. Continueremo con determinazione a implementare il sistema di libero scambio”, si è affrettato a promettere il ministro delle Finanze, Lutfi Elvan, nel tentativo di rassicurare gli investitori. Ankara, ha sottolineato, continuerà la sua lotta contro l'inflazione, che a febbraio ha raggiunto il 15,6%, il triplo degli obiettivi della Banca centrale. Parole già pronunciate dal nuovo banchiere centrale Sahap Kavcigolu - il terzo in 20 mesi – senza evidentemente riuscire a convincere i mercati. A pesare di più è stato il curriculum da economista poco ortodosso dell'ex deputato dell'Akp di Erdogan, che delle colonne del quotidiano filo-governativo Yeni Safak difendeva a spada tratta la campagna presidenziale contro i tassi d'interesse, definiti dal capo dello Stato “la madre e il padre di tutti i mali”. Una linea ignorata invece dal governatore uscente, che la scorsa settimana aveva alzato ulteriormente di 200 punti base il costo del denaro, portandolo al 19%, con l'obiettivo di contrastare l'aumento del costo della vita e stabilizzare l'economia. Le sue mosse avevano ridato fiducia agli investitori, ma al presidente non è bastato.
Per l'ex zar dell'economia turca Ali Babacan, potente ministro nei primi anni di Erdogan e oggi leader del partito di opposizione Deva, Agbal potrebbe aver pagato anche la volontà di far luce sui 130 miliardi di riserve di valuta straniera bruciati prima del suo mandato, nel vano tentativo di tenere in piedi la lira. 
 

Autore: ANSA