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PENSIONI
08/12/2021

Per i giovani l’età sale a 71 anni

Secondo l’Ocse, l’Italia ha attualmente un’età pensionabile inferiore alla media (61,8 contro 63 anni) anche per effetto delle agevolazioni come Quota 100, che hanno innalzato considerevolmente la spesa pensionistica (15,4% del Pil, la seconda più alta tra i Paesi Ocse). Chi entra ora sul mercato del lavoro, invece, vedrà salire l’asticella a 71 anni e avrà assegni più bassi di quelli attuali

Per la generazione che accede ora al mondo del lavoro la pensione sarà un sogno lontano. In Italia ci si arriverà a 71 anni, un'età tra le più alte di tutti i Paesi Ocse, secondi solo ai lavoratori danesi ed in compagnia di Estoni e Paesi Bassi. Attualmente, invece, l'età  è sotto la media: 61,8 anni contro i 63 per effetto di una serie provvedimenti, che -a partire da Quota 100- hanno permesso negli ultimi anni un'uscita anticipata dal mercato del lavoro. A caro prezzo, visto che nel 2019 la spesa pensionistica pubblica dell'Italia si è collocata al secondo posto tra le più alte dei Paesi dell'Ocse, pari al 15,4% del Pil. Quota 100, infatti, ha permesso di andare in pensione a 62 anni, vale a dire in anticipo di cinque anni rispetto all'età pensionabile prevista dalla legge, avendo versato 38 anni di contributi. Un'eccezione prevista oltre che in Italia, solo in Spagna con meno di 40 anni di contributi, con il Belgio che richiede 42 anni, la Francia 41,5 anni e la Germania 45 anni. Nel 2020 l'età media della pensione tra le più alte è a 67 anni in paesi come Norvegia e Islanda e la più bassa in Turchia (52 anni).
A fotografare la situazione e illustrare lo scenario futuro, è il nuovo Rapporto dell'Ocse sul sistema pensionistico che parte dalla considerazione di come negli ultimi due anni l'impatto drammatico della pandemia sia stato assorbito nei Paesi Ocse che hanno protetto i pensionati e il diritto alle
pensioni future. Ma aldilà del caso italiano, la sfida pensionistica dei prossimi decenni sarà per tutti mantenere un sistema sostenibile di fronte all'invecchiamento della  popolazione. Si prevede che la popolazione in età lavorativa diminuirà di oltre un quarto entro il 2060 nella maggior parte dei Paesi dell'Europa meridionale, centrale e orientale, nonché in Giappone e Corea e "mettere su solide basi i sistemi pensionistici – sottolinea l'Ocse- in futuro richiederà dolorose decisioni politiche". Basti pensare che in media nell'Ocse, le persone di età superiore ai 65 anni ricevono l'88% del reddito della popolazione totale. Le persone di età superiore ai 65 anni ricevono attualmente circa il 70% o meno del reddito medio disponibile a livello economico in Estonia, Corea, Lettonia e Lituania e circa il 100% o più in Costa Rica, Francia, Israele, Italia, Lussemburgo e Portogallo.
Generalmente, sulla base dei vari interventi dei diversi Paesi l'età pensionabile normale aumenterà di circa due anni in media in tutta l'Ocse entro la metà degli anni 2060: l'età media di pensionamento futura sarà di 66 anni con le donne che manterranno un'età pensionabile normale più bassa rispetto agli uomini in alcuni Paesi: Colombia, Ungheria, Israele, Polonia e Svizzera. In Italia si arriverà alla pensione a 71 anni per effetto  del regime introdotto nel 1995 che adegua le prestazioni pensionistiche all'aspettativa di vita e alla crescita e sarà pienamente efficace solo intorno al 2040. E nel nostro Paese la necessità di equilibrio tra invecchiamento della popolazione crescita dell'occupazione sarà cruciale: nel 2050 infatti ci saranno 74  persone di età pari o superiore a 65 anni ogni 100 persone di età compresa  tra i 20 e i 64 anni, uno dei rapporti più alti dell'Ocse. 
Negli ultimi 20 anni, la crescita dell'occupazione, anche attraverso carriere  più lunghe, ha compensato più della metà della pressione dell'invecchiamento demografico sulla spesa pensionistica che comunque però è aumentata del 2,2% del Pil tra il 2000 e il  2017. Che l'occupazione cresca per il futuro pensionistico sarà quindi particolarmente importante. Il sistema comunque non potrà rimediare a profonde disparità tra i diversi trattamenti: per i lavoratori autonomi si prospetta un futuro con pensioni più basse del 30% rispetto a quelle di un dipendente con la stessa anzianità contributiva, a fronte di una media Ocse che è del 25%.

Autore: ANSA