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LA GRANDE MURAGLIA
28/08/2021

Pechino stoppa le Ipo tecnologiche all’estero

Dopo le strette regolamentari che stanno colpendo molte società Internet e del settore tecnologico, il governo interviene anche sulla quotazione all’estero di società cinesi, vietandola quando la mole dei dati gestiti può mettere a rischio la sicurezza. L’interventismo di Pechino sta costando caro al settore tech, che negli ultimi mesi ha visto andare in fumo oltre 1.000 miliardi di capitalizzazione 

La Cina si avvia a vietare le Ipo a Wall Street alle aziende tecnologiche nel caso in cui la mole di dati gestita rappresenti un potenziale rischio alla sicurezza a causa della quotazione fuori dai confini nazionali. Il divieto, che dovrebbe anche essere imposto alle società coinvolte in questioni ideologiche, finirebbe per affossare le ambizioni delle aziende tecnologiche cinesi sulla ricerca di capitali all'estero, soprattutto Usa, rappresentando un nuovo campanello di allarme sul 'disaccoppiamento' in corso tra Pechino e Washington, almeno in alcuni settori. Nelle ultime settimane, ha riportato il Wall Street Journal, i funzionari dell'Authority di regolamentazione dei mercati finanziari cinesi hanno detto a varie società e investitori internazionali che le nuove regole vieterebbero alle società di Internet che detengono una serie di dati sugli utenti di essere quotate all'estero con Ipo attuate tramite unità costituite al di fuori del Paese.
La China Securities Regulatory Commission, al lavoro sul tema, ha affermato che è probabile che le aziende con dati meno sensibili, come quelle dell'industria farmaceutica, possano ricevere il via libera alla quotazione all'estero, secondo una normativa in discussione da tempo. È probabile che le nuove regole aiutino Pechino a esercitare un maggiore controllo sulla complessa struttura aziendale che le più grandi compagnie tecnologiche cinesi usano costruire per eludere le restrizioni
sugli investimenti stranieri. La leadership comunista considera Internet, tlc e istruzione tra i settori più sensibili a causa delle preoccupazioni di tipo politico e sulla sicurezza nazionale, al punto da aver messo nel mirino da vari mesi colossi come Alibaba (e il suo fondatore Jack Ma), Tencent e Didi, con un'azione decisa e profonda che è costata all'intero comparto oltre 1.000 miliardi di dollari di valore di Borsa e l'allarme degli investitori.
Pechino ha dichiarato a luglio di voler rafforzare la supervisione di tutte le società quotate offshore, con un radicale cambiamento normativo che è arrivato dopo un'indagine sulla sicurezza informatica su Didi, la risposta cinese a Uber, appena pochi dopo la sua quotazione negli Stati Uniti, al Nyse. Il piano è tra le numerose proposte all'esame dei regolatori cinesi poiché Pechino ha rafforzato la stretta sulle piattaforme Internet del Paese negli ultimi mesi, anche cercando di affinare il controllo delle quotazioni all'estero. La repressione ha preso di mira, in particolare, la concorrenza sleale e la gestione da parte delle società di Internet dell'enorme mole di dati elaborati sui consumatori, dopo anni di approccio molto più lassista e permissivo, mettendo in chiaro l'autorità e le strategie insindacabili del Partito comunista cinese.
 

Autore: ANSA