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EFFETTO BREXIT
19/11/2021

Ryanair vola via dal London Stock Exchange

Costi in crescita, calo dei volumi commerciali e necessità di assicurare che la maggioranza del vettore appartenga a cittadini e imprese Ue: queste le ragioni che stanno dietro alla decisione della low cost irlandese di abbandonare la Borsa di Londra per concentrarsi su Euronext. L’ultimo giorno in cui le sue azioni verranno scambiate all’Lse sarà il 17 dicembre

London Stock Exchange (Lse) addio. Ryanair ha confermato in un comunicato che lascia la Borsa di Londra a causa dei costi elevati e dei volumi commerciali in calo dopo la Brexit. Mossa annunciata da tempo ma che oggi si è concretizzata con la data esatta dell'ultimo giorno in cui i titoli della compagnia aerea low-cost irlandese saranno quotati sul mercato della capitale: il prossimo 17 dicembre. La scelta è quindi di concentrarsi sull'Euronext di Dublino, a conferma della strenua opposizione dell'ad Michael O'Leary al divorzio britannico da Bruxelles e a tutte le sue conseguenze normative sul mondo delle imprese, in particolare dei vettori. Ryanair ha infatti ricordato che le norme Ue impongono che le compagnie aeree siano di proprietà di maggioranza di cittadini dell'Unione. Con la Brexit, inoltre, la riduzione degli scambi sull'Lse è stata "più acuta" per la società irlandese. Mentre ai cittadini del Regno Unito è stato esteso il divieto in corso da tempo per i cittadini extra-Ue di acquistarne azioni. Come si legge sul comunicato di Ryanair: "A settembre la compagnia aerea ha avviato il processo di vendita di circa un milione di azioni acquistate da cittadini non comunitari dal primo gennaio, principalmente investitori britannici, a causa delle regole aziendali e della Brexit. La compagnia aerea ha un divieto per i cittadini extracomunitari di acquisire una partecipazione nella società sin dal 2002".
Se la Brexit ha spinto Ryanair ad abbandonare la piazza di Londra dal punto di vista finanziario - non certo per quanto riguarda il cruciale 'hub' dell'aeroporto di Stansted – questo non è stato per ora un fenomeno generalizzato per la City, come invece si temeva prima del divorzio dall'Ue. Con movimenti in controtendenza come quelli dei due colossi anglo-olandesi Shell e Unilever che hanno preferito puntare per le loro sedi sulla metropoli bagnata dal Tamigi. Addirittura il gruppo petrolifero della conchiglia ha rinunciato all'apposizione Royal Dutch nel suo nome sebbene continui ad assicurare la sua importante presenza nei Paesi Bassi. 
 

Autore: ANSA