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STRETTA CINESE
17/07/2021

Pechino in pressing sull’app Didi

L’app cinese omologa di Uber è sotto ispezione di sette agenzie governative cinesi intenzionate a condurre una revisione sulla sicurezza informatica che durerà almeno 60 giorni. Le autorità cinesi contestano la raccolta illegale dei dati degli utenti e temono che questi dati possano finire nelle mani degli Usa, dato che Didi è quotata a Wall Street. Duri i contraccolpi in Borsa sul titolo

Didi Chuxing è ritornata sotto pressione, diventando il bersaglio dell'ispezione di sette agenzie governative di Pechino, inclusa quella dei servizi segreti del ministero della Sicurezza dello Stato che, per la prima volta, ha pubblicamente detto che baserà in via temporanea il suo personale all'interno di una società. Con una mossa annunciata con grande enfasi, che ha mandato giù i titoli a Wall Street (-4% a metà seduta), la risposta cinese a Uber ha visto gli uffici del suo quartier generale nella capitale visitati dai funzionari della Cyberspace Administration of China (Cac), l'agenzia capofila, e di altre sei authority, tra cui quelle della sicurezza pubblica e dello Stato, delle risorse naturali, dei trasporti, delle tasse e antitrust allo scopo di “condurre una revisione della sicurezza informatica in base all'accordo di lavoro pertinente”. Lo schieramento di forze lascia intendere un “lungo periodo ispettivo” (almeno 60 giorni lavorativi), un chiaro avvertimento che non si scherza con la sicurezza nazionale e forse il tentativo di rendere più trasparente il processo di revisione.
La portata dell'indagine su Didi, che l'autorità sulla cybersicurezza ha lanciato due settimane fa contestando la raccolta illegale dei dati degli utenti, è destinata a spaventare ulteriormente gli investitori in titoli tecnologici cinesi, smorzando gli appetiti per le Ipo fuori dalla Cina. Le misure punitive a carico della compagnia hanno fatto scendere il prezzo delle azioni del 20% nella settimana successiva all'offerta: i 14 dollari di prezzo di collocamento di inizio mese sono scesi adesso a meno di 12. L'agenzia ha anche proposto nuove regole che vietano alle società con più di un milione di utenti di quotarsi all'estero fino a quando non avranno l'autorizzazione ufficiale dopo la revisione sulla sicurezza. Didi, intanto, ha dovuto sospendere la registrazione di nuovi utenti e rimuovere la sua app dagli store cinesi.
All'inizio di luglio, il Wall Street Journal ha riferito che i regolatori avevano suggerito alla società di ritardare l'Ipo negli Usa e di condurre un esame della sicurezza della sua rete, temendo che l'enorme mole di dati raccolti potesse cadere nelle mani degli Stati Uniti a causa dei requisiti di controllo richiesti da Washington. Una mossa che fa parte degli sforzi più ampi di Pechino per rafforzare le leggi sulla privacy e sulla protezione dei dati, oltre che la presa sui colossi tecnologici. Didi, infatti, è l'ultimo obiettivo della stretta cinese sul suo settore hi-tech, cresciuto rapidamente in un contesto regolamentare abbastanza morbido.
L'anno scorso, le authority hanno messo nel mirino l'Ipo di Ant Group, la fintech di Alibaba, fermata a 48 ore dall'esordio dei suoi titoli a Shanghai e Hong Kong, in quella che sarebbe stata la quotazione più grande della storia da 35 miliardi di dollari. Ad Alibaba, il colosso dell'e-commerce di Jack Ma, è stata poi comminata una multa di 2,8 miliardi di dollari come parte di un'indagine anti-monopolio. 
 

Autore: ANSA