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INFLAZIONE
23/11/2021

La carenza di materie prime spinge i prezzi

Dagli Stati Uniti rischia di propagarsi all’Europa la spinta al rialzo dei prezzi al consumo dovuta alle carenze di materie prime, alle strozzature della catena di fornitura e al forte rialzo dei costi energetici. Molti operatori non vedono più la fiammata inflattiva come un fenomeno temporaneo, anche se in Italia i rincari sono più contenuti perché non si registrano ancora spinte sul fronte salariale

Dai microchip, alle batterie, ai rasoi fino ai pannolini: la carenza di materie prime comincia a produrre i suoi effetti anche sui prodotti di largo consumo. E se il risultato più vistoso è stato finora quello che ha riguardato i prodotti con una forte componente elettronica, dalle auto, ai telefoni alle playstation, scatenando tra l'altro in alcuni casi mercati paralleli per i prodotti più ambiti, i rincari interessano un sempre maggiore numero di settori. Quanto tempo impiegherà il forte rialzo dei prezzi delle materie prime a cui abbiamo assistito fin dallo scoppio della pandemia a tradursi in un generalizzato aumento dell'inflazione? E' questo l'interrogativo che occupa in queste settimane i pensieri degli operatori industriali e finanziari, oramai sempre più scettici sulla cosiddetta 'temporaneità' della dinamica. Dal fronte istituzionale si cerca di gettare acqua sul fuoco. Intervenendo sul tema, questa settimana la presidente della BCE, Christine Lagarde, ha affermato come l'inflazione sia “in gran parte transitoria”, anche se l'Eurotower sta riservando “molta attenzione” alle trattative salariali e ad altri potenziali effetti di secondo impatto che potrebbero far salire i prezzi in modo più permanente. 
Proprio la mancata spinta sui salari è un elemento che tranquillizza, almeno temporaneamente, Bankitalia secondo cui l'inflazione è in crescita anche in Italia, ma “in assenza di spinte dai salari e dai prezzi alla produzione non dovrebbe estendersi al medio periodo”. Se si guarda però all'andamento dell'ultimo anno e mezzo del prezzo delle materie prime, qualche motivo di preoccupazione emerge: nelle scorse settimane metalli industriali come l'alluminio e lo zinco sono tornati su livelli massimi a cui non si assisteva dal 2007. In forte rialzo anche gli acciai che presentano un rincaro del 100% rispetto all'estate 2020. Ci ha poi pensato a inizio ottobre il comparto energetico ad alimentare le pressioni inflazionistiche con il balzo del prezzo dell'elettricità. Da considerare poi la tensione che continua a mordere il comparto della logistica e l'impatto che le politiche climatiche sortiscono nell'innalzare i prezzi delle materie prime. Il crescente timore insomma è che si sia solo all'inizio di una fase di generale rincaro dei prezzi. La riprova è giunta questa settimana dalle conference call organizzate dalle 'big' nel comparto del largo consumo per presentare i risultati nel terzo trimestre dell'anno. Procter & Gamble, che già nel corso dell'anno aveva annunciato un aumento dei prezzi di listino per i pannolini Pampers, ora alzerà il prezzo dei prodotti per la cura orale e della pelle come i rasoi. Gli ha fatto eco la concorrente Unilever, secondo cui l'inflazione da costi permarrà anche il prossimo anno e questo richiede un appropriata azione di pricing. In Europa questo rischio appare più contenuto, ma a giudicare dall'impennata dei costi alla produzione a cui si è assistito a settembre (+14,2% in Germania) e dal probabile mantenimento su livelli di prezzo elevati materie prime e beni energetici anche il prossimo anno, potrebbe essere solo una questione di tempo prima di assistere a una generale tendenza ai rialzi. 
 

Autore: ANSA