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PETROLIO
02/06/2021

Il prezzo schizza ai massimi

L’Opec+ prevede un consistente aumento della domanda nella seconda parte dell’anno e decide quindi di aumentare la produzione anche per far fronte alla riduzione delle scorte globali, scese al di sotto della media quinquennale 2015-2019. Sui prezzi del greggio è acceso il faro delle banche centrali, poiché il rialzo dei prezzi ha già contribuito all’aumento dell’inflazione a livello globale

Il petrolio corre spinto dall'Opec e dai suoi alleati. Il cartello dei maggiori Paesi produttori conferma un aumento della produzione per giugno e luglio sulla scia di un atteso balzo della domanda negli Stati Uniti e in Cina, i due maggiori consumatori di greggio al mondo. Previsioni che spingono le quotazioni a New York ai massimi da due anni, mentre il Brent schizza ai livelli più alti da marzo, saldamente sopra i 70 dollari al barile. In un quadro congiunturale in miglioramento, con i contagi sotto controllo in Cina e l'accelerazione delle vaccinazioni negli Stati Uniti e in Europa, l'Opec+ ritiene che il mercato sia pronto per il previsto aumento della produzione di 450.000 barili al giorno. E questo perché la domanda è attesa schizzare nella seconda metà dell'anno tanto da far scendere alla fine di luglio - secondo le stime di un comitato tecnico dell'Opec+ - le scorte globali sotto la media quinquennale del 2015-2019, segnalando di fatto la fine della saturazione del mercato dovuta
alla pandemia.
Sul mercato petrolifero e sui prezzi del greggio è acceso il faro delle banche centrali. Il rialzo delle quotazioni ha già contribuito a un aumento dell'inflazione a livello globale. I dati sui prezzi al consumo in Eurolandia hanno evidenziato un balzo dell'inflazione al 2% in maggio e la maggior parte dell'aumento è legato ai prezzi energetici, più alti del 13,1% rispetto allo stesso periodo del 2020. Lo stesso è accaduto negli Stati Uniti, con prezzi saliti del 4,2%. La Fed continua a ripetere il suo mantra: i rialzi dell'inflazione sono temporanei. Ma l'andamento dei prezzi aumenta la pressione sulle banche centrali, mettendole all'angolo e costringendole, almeno in parte, a rivedere parte delle loro strategie. Per anni, infatti, il controllo dei prezzi è stato il mantra di Bce e Fed, poi però la pandemia ha cambiato tutto e le ha spinte a tollerare fiammate dell'inflazione temporanee sopra al 2% per favorire la ripresa. Strategia che suscita non pochi dubbi fra gli investitori, alcuni dei quali convinti che una simile soluzione avrebbe potuto funzionare in un mondo con una politica di bilancio cauta ma non nell'era della pandemia e delle maxi spese pubbliche per sostenere una ripartenza economica. E se la Bce ha ancora tempo avendo davanti una ripresa dell'economia più contenuta nell'area euro, la Fed si trova in maggiori difficoltà. Il recente aumento dei prezzi, insieme a una politica monetaria altamente accomodante e al massiccio stimolo di bilancio voluto dalla Casa Bianca, ha aperto ufficialmente il dibattito su quando dovrà invertire la marea dell'espansione monetaria. Gli analisti scommettono che in agosto, dal palco di Jackson Hole, il presidente Jerome Powell aprirà ufficialmente la strada al tapering, la riduzione degli acquisti di asset, che potrebbe iniziare a fine anno.
Le Borse seguono gli sviluppi senza nascondere i timori per l'inflazione e una strette prima del previsto della Fed. Le piazze finanziarie europee chiudono in territorio sostanzialmente positivo, con Milano che segna un +0,23%. In rialzo anche Wall Street, dove gli energetici avanzano spinti dal petrolio. 
 

Autore: ANSA