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MERCATI FINANZIARI
28/06/2021

Consob: “La finanza green è necessaria”

La Commissione ha realizzato un “Quaderno” per raccontare l'evoluzione della finanza a supporto dello sviluppo sostenibile. La centralità della finanza verde emerge con chiarezza quando si considera che servirebbero 180 miliardi di investimenti in più all’anno per raggiungere la neutralità climatica. Tra i rischi, la Consob enumera il green e social washing e la volatilità dei prezzi

Non soltanto “centrale”, ma necessaria. La finanza verde prende la forma di una piattaforma di lancio per lo sviluppo sostenibile, la decarbonizzazione dell'economia e la transizione ecologica. Con un elemento da tener presente: la volatilità dei prezzi legati ai passi in avanti che si compiono nella lotta ai cambiamenti climatici. Un aspetto che può avere un determinato peso specifico sui mercati; anche se non ci sono dubbi sugli effetti benefici di questi investimenti negli anni a venire. Il nucleo del ragionamento - così come viene spiegato dal quaderno ad hoc messo a punto dalla Consob per raccontare l'evoluzione della finanza a supporto dello sviluppo sostenibile - si aggancia alla velocità del quadro normativo e tecnologico della transizione. E ne emerge, per esempio, che ad oggi servirebbero investimenti per 180 miliardi di euro in più all'anno di fondi Europei per raggiungere la neutralità climatica.
Un ruolo, quello della finanza 'verde', che - secondo la Consob - potrà esser svolto con la creazione di “un quadro normativo adeguato”, in particolare per quanto riguarda “l'ecosistema dell'informazione” dal momento che negli ultimi anni è “aumentata la considerazione dei fattori Esg” (enviromental, social, governance, ndr) da parte di società, investitori istituzionali, intermediari finanziari e dell'informazione. Per la Consob le dinamiche in atto sono però ancora “non sufficienti a liberare le risorse necessarie a sostenere la transizione ecologica nelle proporzioni e nell'orizzonte temporale concordati”. Ci sono “molti ostacoli che le forze di mercato non sono in grado di superare autonomamente”. In particolare, “bassa standardizzazione dell'informazione sulla sostenibilità prodotta dalle imprese, e bassa conoscenza degli investimenti sostenibili da parte degli investitori retail” (tanto che dai rapporti 2019 e 2020 sulle scelte di investimento delle famiglie italiane si evince che “più della metà non li conosce, mentre nei restanti casi solo il 5% si ritiene bene informato”).
Molte le sfide sul cammino della finanza sostenibile per le Authority di vigilanza, come per esempio il “rischio di green e social washing”, le ripercussioni sulla stabilità finanziaria derivanti dall'esposizione ai fattori Esg, il pericolo di “disallineamenti delle valutazioni di mercato e di brusche correzioni associate all'accelerazione della transizione ecologica”, oltre “all'innovazione finanziaria”. Per superare queste difficoltà sarebbe utile “promuovere la tecnologia per innalzare qualità e comparabilità delle informazioni (il regolamento sulla tassonomia è un primo passo significativo), riduzione dei costi di accesso al mercato dei capitali per gli investitori e le imprese orientate alla sostenibilità, e efficienza dei processi di vigilanza”. Ecco perché, negli investimenti che di fatto puntano a combattere i cambiamenti climatici e a instaurare misure di decarbonizzazione, possono emergere dei rischi legati alla transizione, senza dimenticare la variabile portata dalla rapidità del quadro normativo entro cui ci si muove nel breve termine; ma è certo che quel tipo di investimenti abbattono i pericoli 'fisici' nel lungo termine. La traduzione: “in assenza di misure a tutela dell'ambiente, gli operatori di mercato dovrebbero fronteggiare costi legati ai cambiamenti climatici sempre più incisivi”; al contrario, interventi per “limitare le emissioni inquinanti possono comportare un aumento dei tassi di insolvenza delle imprese attive nei settori carbon-intensive”. In ogni caso - fa presente la Consob - questi rischi dovrebbero essere valutati assieme ai vantaggi della transizione, tipo la crescita e la resilienza economica di settori, attività e interi Paesi; cosa che l'Ocse certifica con una stima chiara di un aumento del 5% del Pil globale soltanto se fossero attuati gli impegni dell'accordo di Parigi. 
 

Autore: ANSA