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OMBRE CINESI
25/09/2021

“Illegali tutte le transazioni in criptovalute”

Pechino fa tabula rasa di Bitcoin & co, sostenendo che sono essenzialmente al servizio del riciclaggio di denaro sporco e vieta alle istituzioni finanziarie cinesi di partecipare allo sviluppo e alla diffusione delle valute digitali, nonché al finanziamento dei token. La stretta punterebbe anche a creare spazio allo yuan digitale promosso dalla banca centrale e in corso di sperimentazione

La Banca centrale cinese (Pboc) ha assestato la spallata finale ai Bitcoin e alle criptovaute, definendo "illegali tutte le transazioni e le attività in valuta digitale" e promettendo una ferma repressione sui mercati perché "non hanno lo stesso status giuridico della moneta in corso legale e non possono essere distribuite sul mercato come moneta". L'affondo, arrivato in serata con una nota, ha mandato subito giù le quotazioni dei Bitcoin, scese fino al -5,5%, a poco più di 42.200 dollari, prima di stabilizzarsi intorno al -5%. Negli ultimi anni, le transazioni di Bitcoin e di altre criptovalute "hanno prevalso, sconvolgendo l'ordine economico e finanziario, favorendo il riciclaggio di denaro sporco, la raccolta illegale di fondi, la frode, gli schemi piramidali e altre attività illegali e criminali" e mettendo "a serio rischio la sicurezza dei beni delle persone".
In conformità con la decisione del Comitato Centrale del Partito comunista e del Consiglio di Stato (il governo centrale), la Pboc, in collaborazione con i dipartimenti competenti, ha emanato una serie di politiche e misure per chiarire che "le valute virtuali non hanno corso legale", vietando "alle istituzioni finanziarie lo sviluppo e la partecipazione ad attività legate alla valuta virtuale e le transazioni nazionali", nonché "il finanziamento dell'emissione di token". Per i trasgressori c'è "la responsabilità penale in conformità con la legge".
Malgrado la creazione e il commercio di criptovalute siano illegali in Cina dal 2019, ulteriori repressioni sono maturate quest'anno da parte di Pechino con l'avviso alle banche di interrompere le transazioni correlate e chiudendo la vasta rete di 'mining' dei bitcoin del Paese. Nei mesi scorsi, infatti, l'abbattimento delle attività di produzione delle valute virtuali, ha coinvolto tutte le province, al punto che molti operatori cinesi hanno trasferito computer e apparecchiature negli Usa.
Bitcoin, la valuta digitale più grande del mondo, e altre criptovalute non possono essere rintracciate dalle Banche centrali, il che le rende difficili da regolamentare. Secondo gli analisti, l'avversione cinese al settore è dovuta ai timori di proliferazione di investimenti illeciti e di raccolta fondi che potrebbero aggirare le rigide regole sul deflusso dei capitali. La stretta, poi, punta a creare lo spazio necessario alla valuta digitale cinese, già in cantiere e in fase di sperimentazione, consentendo al governo centrale di monitorare le transazioni. Quale ulteriore monito, a giugno i funzionari cinesi annunciarono l'arresto di oltre 1.000 persone per aver utilizzato "i profitti legati ad attività criminali per acquistare criptovalute", in un'opera di riciclaggio ad ampio raggio. 

Autore: ANSA