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3 ore fa

Bini Smaghi: "La sfida Usa-Cina è tecnologica. L'Europa deve accelerare sull'autonomia digitale"

(Teleborsa) - La competizione globale tra Stati Uniti e Cina si gioca sempre più sul terreno della tecnologia. È questa la chiave di lettura proposta da Lorenzo Bini Smaghi, presidente del Consiglio di amministrazione di Société Générale, intervenuto a New York a un incontro del Gruppo Esponenti Italiani (GEI). "Lo scontro tra Washington e Pechino è tecnologico – ha spiegato – e l’intuizione americana, forse ancora più di quella di Trump, è che dazi e tassazione servano a finanziare gli incentivi alle imprese tech". Le pressioni commerciali verso l’Europa, ha aggiunto, vanno interpretate nella stessa logica: "tutto è finalizzato a rafforzare la competitività delle aziende tecnologiche statunitensi".Sul fronte europeo, Bini Smaghi ha riconosciuto che la risposta resta "lenta", ma ha evidenziato "una nuova consapevolezza sulla dipendenza tecnologica dagli Stati Uniti", dal cloud ai sistemi di pagamento. Sempre più imprese, ha osservato, stanno cercando soluzioni alternative, segnando "il primo passo verso un’autonomia tecnologica condivisa, sia politica che industriale".Il banchiere ha poi messo in guardia dai rischi di una gestione politica eccessiva del credito: "Pensare di mantenere la sovranità nazionale controllando il sistema bancario è un’illusione. Se si cerca di controllare tutto, si ostacola la crescita delle istituzioni finanziarie". Un sistema bancario troppo vincolato, ha aggiunto, finisce per distribuire prodotti esteri, con una conseguente perdita di sovranità economica reale.Guardando agli Stati Uniti, Bini Smaghi ha espresso preoccupazione per la sostenibilità fiscale di un Paese con un disavanzo superiore al 6% del PIL "in un’economia in piena occupazione". In queste condizioni, ha spiegato, "la Fed difficilmente potrà ridurre i tassi senza rischiare di riaccendere l’inflazione". L’economista ha previsto che il dibattito interno alla Federal Reserve sarà segnato dallo scontro tra i membri nominati da Trump, favorevoli ai tagli, e chi teme nuovi rialzi dei prezzi. "Se l’inflazione restasse al 3-3,5%, – ha avvertito – i mercati subirebbero una scossa tremenda, e ne risentiremmo tutti".
Fonte: Teleborsa