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Economia
12 ore fa
Inflazione USA: dati estivi confermano impatto dazi. Fed con le mani legate, mentre Trump chiede tagli di tre punti
(Teleborsa) - Accelera l'inflazione negli USA, nel mese di giugno, indotta dai dazi, rafforzando le scommesse che la Federal Reserve mantenga stabili i tassi di interesse alla prossima riunione di politica monetaria questo mese. I prezzi al consumo sono saliti del 2,7% su base annua, sopra il 2,4% di maggio e oltre le attese degli analisti (+2,6%). L'indice core, al netto di energia e alimentari, più osservato dalla Fed, è salito del 2,9%, sotto il 3% del consensus e dopo il +2,8% rilevato a maggio.Per la Casa Bianca i dati di giugno mostrano che "l'inflazione è sulla strada giusta", con l'indice core che ha battuto le attese per un altro mese. La White House sottolinea che da quando Donald Trump ha assunto l'incarico, l'inflazione core si è attestata al 2,1%, a livelli non visti dalla prima amministrazione Trump. "I prezzi per gli americani continuano a scendere", aggiunge. Il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, afferma che "l'inflazione è bassa" e invita la Federal Reserve a tagliare i tassi di interesse di tre punti. "La Fed dovrebbe tagliare i tassi di tre punti. L'inflazione è molto bassa. Risparmieremmo 1.000 miliardi di dollari l'anno", scrive Trump sul suo social Truth.Niente sorprese. Fed con le mani legateIl rapporto CPI di oggi è stato per lo più in linea con le aspettative. L'unico problema, spiega Bret Kenwell, US Investment Analyst di eToro, è che tali aspettative prevedevano un aumento dell'inflazione, che su base annua è salita del 2,7%, raggiungendo il livello più alto da febbraio. Proprio perché non arriva come un fulmine a ciel sereno, l'aumento dell'inflazione non sta cogliendo gli investitori alla sprovvista e ciò potrebbe consentire alle azioni di evitare un crollo nel breve termine.Pur non facendosi artefice di un sell off, aggiunge l'analista, il rapporto odierno sull'inflazione spegne ogni residua speranza che la Fed possa tagliare i tassi di interesse nella riunione di fine mese. Inoltre, se le letture successive dovessero confermare il trend inflattivo, potrebbero essere messi a rischio anche i futuri tagli dei tassi, sottolinea Kenwell, secondo il quale in questo contesto, "un asset da tenere particolarmente attenzionato è l'oro, che continua a consolidare le sue performance nel corso di questo 2025 e che potrebbe guadagnare ulteriormente quota se l'inflazione dovesse continuare a salire nei prossimi mesi".I dazi hanno pesato sull'aumento dell'inflazione "I dazi hanno pesato sull'aumento dell'inflazione odierna negli Stati Uniti, in parte sostenuta dal costo dei beni di base", sottolinea David Rees, Head of Global Economics di Schroders, commentando i dati odierni sull'IPC statunitense. Ad esempio, l'arredamento per la casa è aumentato dell'1% su base mensile a giugno. Altrove, i prezzi dei beni sono stati relativamente contenuti, ma "potrebbero profilarsi sfide più impegnative se tutte le minacce tariffarie dell'amministrazione Trump saranno attuate il primo agosto".Se ciò dovesse accadere, spiega l'esperto, "stimiamo che l'aliquota effettiva dei dazi all'importazione negli Stati Uniti potrebbe salire al 24%, aggiungendo potenzialmente più dell'1% all'inflazione - in aggiunta alla nostra previsione di un'inflazione media del 3,1% fino alla fine del 2026 - e riducendo il PIL di oltre lo 0,5%".Sebbene i mercati sembrino dare per scontato che il presidente Trump ammorbidirà la sua posizione, "il rischio di stagflazione negli Stati Uniti è reale, soprattutto se l'aumento dei prezzi dei beni e dei servizi si ripercuoterà su un mercato del lavoro già in tensione", conclude l'analista.Anche per Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm, i dati estivi confermano l’impatto dei dazi sull’inflazione. Il periodo estivo è stato indicato come un passaggio chiave, considerando il fisiologico ritardo con cui gli effetti inflazionistici dei dazi si manifestano sull'economia. Tuttavia, spiega Flax, la lettura dell'inflazione di giugno non ha fornito indicazioni particolarmente significative: il dato headline si è attestato in linea con le attese, mentre l'inflazione core ha mostrato un lieve miglioramento. In ogni caso, "è incoraggiante notare che, finora, l’aumento delle tariffe non sembra aver avuto un impatto significativo sui prezzi al consumo".Con un'inflazione headline al 2,7% a giugno, in aumento rispetto al 2,4% di maggio, e con il FOMC intenzionato a valutare attentamente i dati in uscita nel periodo estivo, "l'ipotesi di un taglio dei tassi a settembre rimane aperta. Al di là del quadro macroeconomico, resta centrale un interrogativo: quanto sarà solida la capacità della Federal Reserve di mantenere la propria indipendenza in un contesto di crescenti pressioni politiche?(Foto: Salvatore Cavalli)
Fonte: Teleborsa