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Economia
3 ore fa
Fisco, UPB critica esenzione USA da applicazione Global Minimum Tax
(Teleborsa) - L’accordo raggiunto in sede di G7 lo scorso mese di giugno, che sancisce l’esclusione dei gruppi multinazionali residenti negli Stati Uniti dall’applicazione delle regole della Global Minimum Tax, la cosiddetta tassa sulle multinazionali, mette a rischio il processo di coordinamento della tassazione internazionale in ambito OCSE e lascia diverse questioni aperte. E' quanto rileva l'Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB) in un focus di approfondimento del tema, delineando le possibili prospettive ed i rischi nel nuovo scenario. "La complessa architettura della GMT - spiega l'UPB - ha l’obiettivo di contrastare le pratiche di profit shifting (spostamento die profitti verso Paesi a più bassa tassazione) e di conseguente erosione della base imponibile". La GMT punta ad assicurare una tassazione effettiva minima del 15% sui profitti delle grandi multinazionali (quelle con ricavi non inferiori a 750 milioni di euro) che superano la remunerazione ordinaria dei fattori di produzione, ovunque siano localizzati. Il sistema incentiva i singoli paesi ad applicare l’imposta minima, prevedendo che gli altri paesi in cui sono presenti le multinazionali possano applicare una tassazione integrativa per portare l’aliquota effettiva d’imposta all’aliquota minima del 15%. "Sin dall’origine, l’attuazione della tassa minima globale ha evidenziato una serie di criticità non solo per l’elevato livello di complessità amministrativa, ma anche perché l’applicazione delle regole determina un inasprimento del prelievo fiscale sulle multinazionali e limita le politiche di incentivo fiscale attuate dai governi nazionali; - sottolinea l'UPB - inoltre, una delle componenti della GMT (l’Under Taxed Profit Rule – UTPR) può essere criticata sotto il profilo della extraterritorialità, in quanto consentirebbe a un paese diverso sia da quello di residenza della capogruppo sia da quello di localizzazione delle sue controllate/collegate di imporre un prelievo aggiuntivo". Dei 139 paesi sottoscrittori,, 67 hanno implementato o previsto di implementare entro il 2026, le nuove regole nella loro interezza o almeno parzialmente. La direttiva UE 2523/2022 ha determinato per gli Stati membri l’impegno a recepire entro il 2023 le regole OCSE della GMT (in Italia la direttiva è stata recepita con il D.Lgs. 209/2023 ed è entrata in vigore dal 2024). Ma altri paesi chiave del G20, come gli Stati Uniti, la Cina e l’India, che inizialmente avevano appoggiato la proposta OCSE, non l'hanno poi recepita. La questione più critica riguarda la posizione assunta dagli Stati Uniti, che già sotto l’amministrazione Biden aveva sospeso l’adozione delle regole della GMT, per poi ritirarsi definitivamente con l’insediamento di Trump. Nell’accordo del G7 dello scorso giugno si è adottato un approccio cosiddetto side-by-side, permettendo di fatto di escludere le multinazionali statunitensi, in quanto le medesime finalità sono perseguite dalle regole antielusive nazionali. L’intesa del G7 appare conveniente per gli Stati Uniti non tanto per gli effetti di gettito, che appaiono incerti, ma per la possibilità di mantenere margini di autonomia della politica tributaria al fine di favorire la competitività delle proprie multinazionali.Secondo l’OCSE, le grandi multinazionali residenti negli Stati Uniti, nel 2021 rappresentavano il 22,6% del complesso delle multinazionali esistenti al mondo, con il 32&% dei profitti e il 26,4% dei ricavi. Il 63,8% di questi profitti era prodotto negli Stati Uniti, mentre il 36,2% dalle controllate/collegate all’estero. Tale rilevanza delle multinazionali statunitensi, ora escluse dalle regole della GMT, mette ancora più in rilievo una serie di criticità connesse con l’accordo raggiunto in ambito G7. E dato che l’intesa è stata raggiunta in sede G7, non è ancora chiaro come sarà accolta dagli altri paesi del G20: l'UE, che ha recepito quasi integralmente la regolamentazione con una propria direttiva, potrebbe dover modificare l’ordinamento comunitario in materia, mentre altri paesi potrebbero rivendicare un trattamento analogo a quello riservato agli Stati Uniti. Infine, non è certo che la tregua garantita dall’accordo del G7 sia destinata a durare nel tempo e che l’amministrazione statunitense, forte dei recenti risultati, non possa aprire nuovi campi di trattativa. Uno di questi potrebbe essere il fronte delle Digital Services Taxes, unilateralmente adottate da molti paesi, Italia compresa, per il loro presunto carattere discriminatorio nei confronti delle Big Tech statunitensi.
Fonte: Teleborsa