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1 ore fa
Disoccupazione giovanile al 19,2% e 1,4 mln di NEET: il problema irrisolto della transizione scuola-lavoro
(Teleborsa) - Per molti giovani italiani la ricerca di un'occupazione somiglia sempre più a una professione: inviare candidature, partecipare a colloqui, stage, incassare i "no" e ricominciare. I numeri fotografano una situazione complessa. Il tasso di disoccupazione giovanile (15–24 anni) in Italia ad aprile 2025 è risultato pari al 19,2% (ISTAT). Anche la quota di NEET (giovani 15–29 anni né impiegati né inseriti in percorsi di istruzione o formazione) resta elevata: l'Italia è tra i Paesi con i livelli più alti di NEET in Europa e con una percentuale superiore alla media UE nel 2024 (Eurostat — Statistics on young people neither in employment nor in education or training). Un'esclusione che nel nostro Paese riguarda 1,4 milioni under 30 anni, e che pesa sulle casse dello Stato 15,7 miliardi di euro (Censis, 58esimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese – 2024).Dunque come preparare i giovani ad inserirsi nel mondo del lavoro? "Premessa dolorosa: smettiamo di illuderci che bastino un profilo perfetto sui portali di ricerca di lavoro, una bella foto e un CV curato – spiega Marco D'Oria, direttore della Business School Digital Campus e dottorando in Neuroscienze comportamentali presso l'Università IULM di Milano –. Quelle non sono armi, sono prerequisiti. È necessario approcciare in modo strategico, puntando su creatività, relazioni e impegno pratico. A un colloquio presentarsi con idee concrete, mostrando cosa si potrebbe migliorare e come contribuire all'azienda. Allo stesso tempo, costruire relazioni genuine, non solo candidature: molte opportunità passano attraverso il network e le connessioni dirette. Valutare, inoltre, la possibilità di lavorare gratis per un periodo. Mi rendo conto quanto risulti impopolare ma, nelle negoziazioni, chi ha un minor bagaglio professionale deve 'overdeliverare'. Questo consente di accrescere la propria preparazione, aumentare il proprio valore sul mercato e acquisire maggiori competenze". Proprio le soft skill rappresentano un elemento centrale: resilienza, capacità di adattamento e apprendimento continuo sono imprescindibili. Il passaggio dall'istruzione al lavoro richiede infatti competenze trasversali fondamentali per una transizione efficace (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico - OECD, 2017), Comunicazione, capacità di prendere decisioni e collaborazione sono considerate "key soft skills" per orientarsi professionalmente e migliorare l'occupabilità dei giovani (Sustainability, rivista accademica), risultando determinanti per il successo nella carriera (RPD Unibo, 2018)."La transizione scuola-lavoro non può basarsi solo su programmi teorici: servono esperienza pratica, mentoring, stage professionalizzanti e un continuo aggiornamento. I giovani che sanno imparare dai fallimenti e adattarsi rapidamente hanno un vantaggio competitivo reale", sottolinea D'Oria.Il tema non riguarda solo il singolo. Le imprese stanno cambiando le richieste: profili flessibili, abili nel lavoro di squadra e capaci di aggiornarsi continuamente sono sempre più ricercati, soprattutto in settori soggetti a veloce innovazione tecnologica (dall'AI al digital marketing). Al contempo, il mercato del lavoro italiano continua a mostrare fragilità strutturali: non basta creare posti di lavoro, occorre che i percorsi formativi producano occupabilità reale e sostenibile nel tempo. (Reuters, report su dati ISTAT e dinamiche occupazionali 2025)."Il lavoro non è più lineare – continua D'Oria – se da un lato migliaia di occupazioni sono a rischio per l'avvento dell'AI dall'altro molte posizioni specializzate rimangono vuote per mancanza di risorse. Occorre lavorare per colmare il GAP".Come affrontare dunque il divario tra formazione e lavoro? Percorsi di alternanza scuola-lavoro (work-based learning) favoriscano lo sviluppo di competenze applicative e connesse al mondo del lavoro. Allo stesso tempo, la formazione digitale è strategica: l'Italia, con una copertura di competenze digitali di base al 45,8% rispetto alla media UE del 55,6%, deve rafforzare le azioni di sviluppo delle competenze e definire indicatori misurabili (Digital Skills Jobs Platform Europa). "In questo orizzonte, la conoscenza dei meccanismi comportamentali – attenzione, motivazione, bias cognitivi, mantenere un continuo dialogo con le aziende, – può aiutare a progettare percorsi formativi più efficaci e aderenti alla realtà del lavoro", conclude D'Oria.
Fonte: Teleborsa