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2 ore fa

Auto aziendali: con una riforma fiscale basata sulle emissioni 4,3 miliardi per lo Stato entro il 2030

(Teleborsa) - Riformare la fiscalità delle auto aziendali basandosi sulle emissioni potrebbe generare 4,3 miliardi di introiti per lo Stato e una riduzione delle emissioni di CO2 di oltre 2 milioni di tonnellate entro il 2030. Ecco cosa emerge da un nuovo studio di Transport & Environment (T&E), la principale organizzazione europea per la decarbonizzazione dei trasporti. Infatti, nonostante la recente riforma sui fringe benefit, l'Italia si conferma al primo posto in Europa per i sussidi alle auto aziendali inquinanti (endotermiche, ibride e ibride plug-in). Tra detrazioni IVA, ammortamento del costo del veicolo, bollo auto, agevolazioni sui carburanti e, appunto, tassazione delle auto concesse ai dipendenti in benefit in kind, il sistema fiscale italiano genera oltre 14 miliardi di euro all'anno di sussidi indiretti. In questo senso, la maggiore componente di sgravio è rappresentata dalla tassazione agevolata sulle auto aziendali in fringe benefit che prevede una tassazione limitata al 50% del valore convenzionale d'uso per le auto endotermiche e del 20% per le ibride plug-in (PHEV), che risultano ancora più favorite rispetto al passato, anche se analisi recenti attestano emissioni reali fino a cinque volte superiori rispetto a quelle dichiarate. E ciò nonostante, secondo quanto riportato nell'edizione appena pubblicata del Catalogo dei Sussidi Ambientalmente Dannosi (SAD) del MASE, proprio in virtù della recente riforma, a partire dal prossimo anno queste agevolazioni perderanno lo status di "sussidio dannoso".  Emissioni: il 90% dal traffico su strada – In Italia, i trasporti sono responsabili di oltre un quarto di tutte le emissioni di gas serra. Il traffico su strada rappresenta il 90% di queste emissioni e le auto ne producono due terzi. Il parco auto è tra i più vecchi d'Europa, molte città superano i limiti di qualità dell'aria e il mercato dei veicoli elettrici, nonostante una buona crescita percentuale nel 2025, è ancora esiguo. Per raggiungere gli obiettivi climatici - e sanare l'aria che respiriamo - serve un cambio di rotta rapido: utilizzare la leva fiscale per favorire la transizione delle flotte aziendali verso tecnologie pulite e sostenere la mobilità elettrica.Auto aziendali: 60% delle emissioni di CO2 – In Italia, nel 2024 le auto aziendali hanno rappresentato il 40% del mercato ma, percorrendo molta più strada, hanno prodotto quasi il 60% delle emissioni di CO2. Le aziende presentano caratteristiche che facilitano la transizione: sono finanziariamente più robuste, maggiormente attente al total cost of ownership dei veicoli, godono di consistenti agevolazioni fiscali e possono programmare meglio la logistica della loro mobilità, così da ottimizzarla rispetto alla distribuzione delle infrastrutture di ricarica; inoltre, possono installare infrastrutture di ricarica in sede e produrre energia rinnovabile. Dopo circa 3-4 anni, le auto aziendali finiscono sul mercato dell'usato, divenendo così un'opzione economicamente accessibile per la maggioranza dei consumatori (circa 8 su 10) che opta per veicoli di seconda mano.Emissioni: Ue incoraggia i Paesi a usare la leva fiscale – L'UE raccomanda all'Italia di utilizzare la fiscalità per promuovere veicoli puliti e sta preparando una normativa per la decarbonizzazione delle flotte, attesa entro la fine dell'anno. Esempi come quello del Belgio dimostrano che la leva fiscale funziona: una riforma del 2021, che dal 2026 consentirà di ammortizzare il costo dei soli veicoli a zero emissioni, ha fatto salire la percentuale di auto aziendali elettriche dal 8,8% nel 2021 al 41,1% nel 2024.Auto: l'Italia non collega tassazione e emissioni –  "La riforma sui fringe benefit dello scorso anno è stata un primo passo, ma le nostre analisi mostrano che non basta. Non servono interventi parziali, ma una visione e un approccio sistemici. Sorprende che la tassazione agevolata sulle auto aziendali in fringe benefit verrà esclusa dal Catalogo dei SAD, nonostante le endotermiche e, ancor più, le ibride plug-in continuino a beneficiare di un regime fiscale favorevole – afferma Esther Marchetti, Clean Transport Advocacy Manager di T&E Italia –. L'Italia, con una normativa disorganica di esenzioni, continua a sussidiare indirettamente le auto inquinanti ed è tra i pochissimi paesi europei a non collegare la tassazione dell'auto alle emissioni. Tuttavia, la fiscalità è uno degli strumenti più efficaci per orientare consumatori e imprese verso veicoli più efficienti, silenziosi e alimentabili con energia rinnovabile. Per questo va utilizzata al meglio, anche a massima garanzia della salute dei cittadini".Proposta T&E: tassazione legata alle emissioni di CO2 – T&E propone una riforma strutturale e progressiva, applicabile solo alle nuove immatricolazioni e basata su un sistema di bonus-malus legato alle emissioni di CO2, che includa: tassazione dei veicoli concessi in fringe benefit, detraibilità dell'IVA, deducibilità del costo del veicolo e l'introduzione di una tassa di immatricolazione unica, parametrata a emissioni e costo del veicolo. La proposta prevede un iniziale aumento dei benefici per le tecnologie zero emissioni e una contestuale riduzione di quelli per le endotermiche, fino al loro azzeramento. Nel tempo, la pressione fiscale aumenterebbe anche sulle auto meno emissive, per evitare distorsioni e mancato gettito.Riforma fiscale: +29% di auto elettriche, -6% import di petrolio – Secondo il modello di T&E, tra il 2026 e il 2030 questa riforma non solo genererebbe un saldo positivo di 4,3 miliardi di euro per lo Stato, riducendo le emissioni climalteranti, ma taglierebbe del 6% le importazioni di petrolio del settore trasporti e porterebbe circa 235mila auto elettriche in più in circolazione, pari a un incremento del 29%. Reinvestire le risorse contro la "transport poverty" – "Una riforma di questo tipo garantirebbe stabilità normativa e chiarezza per gli investimenti, supportando le imprese nella pianificazione della decarbonizzazione delle flotte – conclude Marchetti –. Se le risorse generate venissero reinvestite nella transizione, si potrebbero incentivare le infrastrutture di ricarica aziendali e sfruttare il potenziale di accumulo delle batterie. Destinare parte di queste risorse a programmi di social leasing, trasporto pubblico, car sharing, piani di rottamazione e incentivi alla mobilità attiva permetterebbe di supportare anche le fasce di popolazione più esposte alla transport poverty. Questo, insieme alla creazione rapida di un mercato dell'usato elettrico accessibile, renderebbe la transizione più equa e sostenibile per tutte le persone". 
Fonte: Teleborsa