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43 minuti fa

Italian Tech Alliance: l'ecosistema digitale italiano ha bisogno soprattutto di fiducia

(Teleborsa) - "L’Italia vuole davvero diventare un Paese capace di generare unicorni?". Questa la provocazione lanciata da Davide Turco, Presidente di Italian Tech Alliance e lanciata in occasione della tappa romana di IMPATTO, il roadshow che racconta il valore del Venture Capital agli investitori istituzionali. "In Italia investiamo in venture capital molto meno rispetto agli ecosistemi degli altri paesi avanzati e manca ancora un numero adeguato di fondi VC privati di dimensioni rilevanti. A questo si aggiunge un quadro normativo frammentato, che spesso rende complesso operare e rallenta la crescita del sistema. Occorre cambiare passo. Per poterlo fare è fondamentale far conoscere a interlocutori chiave – politica, investitori istituzionali e grandi corporate – quanto di positivo è già stato costruito, valorizzando le scale-up italiane che hanno realizzato crescite importanti o exit di grande successo. La vera sfida è crescere come sistema, acquisire massa critica e diventare capaci di finanziare adeguatamente quelle realtà che oggi competono nei settori più strategici, dall’AI al deeptech, alle life sciences. Se vogliamo davvero giocare questa partita, dobbiamo crescere insieme. Rafforzare dimensione e qualità dell’ecosistema è l’unica strada per aumentare le possibilità di successo delle nostre startup e scaleup, generando importanti ritorni finanziari e di impatto sulla società", ha spiegato Turco.La giornata si è aperta con il racconto di Shopfully, scale-up di successo e oggi azienda leader globale nel Drive to Store attiva in 25 mercati tra Europa, America Latina e Australia, presentato dal CEO e founder Stefano Portu. È seguito un dialogo a due voci tra un founder e il suo investitore: Massimiliano Simi, VP R&D e co-founder di MMI, e Alessio Beverina, founder e managing partner di Panakes, che hanno condiviso cosa significa costruire e far crescere un’impresa innovativa in Italia.Un’interessante tavola rotonda ha messo in luce il ruolo decisivo degli investitori nello sviluppo dell’innovazione e le condizioni necessarie per rafforzare ulteriormente la crescita del venture capital in Italia. Dal punto di vista del legislatore, le distanze tra istituzioni ed ecosistema dell’innovazione sono ancora ampie. Si parlano linguaggi diversi, proprio ora che servirebbe una regolazione tempestiva e una collaborazione più stretta. Nel mondo delle startup, il vero incentivo non può essere rappresentato soltanto da una norma, ma deve essere mosso da un valore fondante: quello della fiducia. La fiducia dei fondi che scelgono e credono in un’idea e affiancano un team giovane nel suo percorso di crescita. Ed è per dare adeguate risorse e chance di successo a questo sforzo che il governo, come ha sottolineato Giulio Veltri, Capo Ufficio Legislativo del MIMIT, si è impegnato per far crescere il venture capital. La fotografia scattata da Bankitalia fotografa un panorama scoraggiante: l’Italia resta molto indietro rispetto all’Europa, con numeri esigui e appena 280 startup finanziate su 2.000 iscritte al registro. I fondi italiani sono piccoli e non hanno capacità di sostenere la domanda; da qui l’impegno del governo a sensibilizzare e incentivare i grandi investitori istituzionali, tradizionalmente prudenti perché gestori del risparmio dei cittadini. Per sostenere l’ecosistema digitale, il ruolo della previdenza complementare diventa cruciale.Sergio Corbello, Presidente Assoprevidenza, ha rimarcato la necessità che i fondi pensione aumentino la loro esposizione al VC, superando però la logica di vincolo di portafoglio presente nella normativa attuale a favore di crediti di imposta dedicati. Ha anche auspicato analoghe misure per incentivare il coinvolgimento nel VC del sistema assicurativo.Giovanni Maggi, Presidente Assofondipensione, ha ricordato come il 95% degli 80 miliardi dei fondi negoziali che fanno parte dell’associazione da lui presieduta siano tuttora investiti in obbligazioni. Da anni, ha sottolineato, si lavora per avvicinare questi investitori al private market, con particolare attenzione all’impatto sociale e occupazionale. Le recenti agevolazioni fiscali vanno finalmente nella direzione giusta.Accanto al capitale istituzionale, il contributo delle corporate è altrettanto decisivo. Patrick Oungre, CEO di A2A Life Ventures il primo veicolo societario integrato di open innovation creato da una corporate in Italia, con un commitment di 100 milioni dedicati al CVC, ha spiegato che un'azienda investe in Corporate Venture Capital per accedere a nuove soluzioni tecnologiche, sviluppare competenze e favorire uno scambio continuo di know-how. In questo modo, ogni investimento diventa un progetto strategico che unisce la solidità industriale alla visione tipica del venture capital.Infine, nell’ambito delle life sciences, Paola Pozzi, Partner di Sofinnova Partners – Telethon Strategy, ha ricordato come l’Italia possieda un’eccellenza scientifica riconosciuta a livello internazionale: un patrimonio unico, che però fatica a tradursi in impresa e ad attrarre capitali. È qui che l’ecosistema diventa decisivo, perché un mercato del VC solido nasce solo dove ricerca, imprenditorialità e finanza riescono finalmente a parlarsi.
Fonte: Teleborsa